Che ne sai del Giappone?

Che ne sai del Giappone?

Oggi mi sto ponendo questa domanda, cercando di mettere insieme quanto di questo paese ho vissuto in questi ultimi anni, come per trarne un sunto. Tale pensiero sarà forse stato per l’ennesima volta suscitato dal vedere vari schemi ripetersi sempre uguali, nell’esprimere interesse per il Giappone nei vari media, soprattutto social. Ed è sintomo di aver ormai raggiunto una certa età rendersi conto che certe dinamiche, modalità e argomenti non solo si ripropongono in questi ultimi anni, ma hanno già fatto almeno il triplo giro nel replicarsi con nuove ondate. Ma è quello che viene proposto per un qualche tipo di consumo, moda o soddisfazione il Giappone che mi interessa e che vorrei venisse visto anche dagli altri?

Per mio carattere, mi pare sempre di dover trarre delle somme per comprendere dove mi collochi io rispetto a certi fenomeni, come se in qualche modo dovessi sentire di avere una sorta di “permesso” per poter continuare a parlare di un certo argomento, invece di farmi, piuttosto, da parte e lasciare la parola a chi pare avere più efficacia nel parlare anche sempre della stessa cosa ripetuta da mille altri.

Che ne sai del Giappone? Mi chiedo.

La domanda giusta forse sarebbe “cosa stai cercando del Giappone”.

Mi sembra che tutti quelli che si avvicinano a questo paese lo facciano per trovare un frammento di sé, magari minuscolo, che percepiscono mancargli. Non occorre dare una denominazione a tale particella mancante, ognuno nel suo intimo, almeno vagamente, sa come chiamarla. E in Giappone, così lontano e così diverso, talvolta pare che ci sia almeno un aspetto capace di dare sollievo a questa mancanza. Perché vi sono talmente tante sfaccettature, anche in contraddizione tra di loro, nell’arcipelago di paesaggi e di cultura che è il Giappone, da poter corrispondere in modo più o meno soddisfacente ai bisogni delle persone più diverse tra loro. Quasi come se la sua proverbiale ospitalità riuscisse ad espandersi anche negli aspetti psicologici, e accontentare più o meno tutti.

Per quanto mi riguarda, sono arrivata a un punto in cui quello che cerco del Giappone è rispondere appunto a tale domanda: che ne sai del Giappone? E non trovo una risposta precisa, vedo invece scorrermi nella memoria i volti delle persone che in questo paese ho incontrato, durante i miei viaggi. Incontri anche solo di qualche attimo. Tanti occhi e espressioni che comunicavano non solo la persona, ma anche un particolare modo di intendere la vita e il relazionarsi con gli altri.

E proprio le sfumature innumerevoli delle persone mi portano a dire che quel “che ne sai del Giappone” potrebbe trasformarsi in un “che ne sai delle persone che appartengono al Giappone”, e che ne sai di come un luogo e una cultura vengano plasmati continuamente da quello che esse provano, vivono, costruiscono con le proprie vite quotidiane.

Ci vuole estrema umiltà nel porsi di fronte a un paese come il Giappone, e pazienza. Non è un qualcosa che giunge tutto intero e tutto a propria disposizione, anche se l’impressione di poter avere una sorta di esclusività e affinità elettiva nei suoi confronti spesso inganna molti di quanti iniziano ad amarlo, e che finiscono per fraintendere, influenzati dal filtro invisibile e irremovibile della propria cultura di origine. Non ci sono epifanie o rivelazioni improvvise, ma un cammino continuo che talvolta potrebbe arrestarsi, tornare sui propri passi, riprendere con altri ritmi e modalità.

Che ne sai del Giappone? In realtà niente. E forse è proprio questo il vero punto di partenza.