Cronache dal settimo viaggio

Domenica 9 giugno – Per un pelo!

“You did it!”
Le hostess ci accolgono con un sorriso intenerito sull’aereo che sta per decollare verso Narita. Abbiamo corso come dei pazzi sino al gate, ormai non c’era più nessuno, nemmeno il gruppo di ragazzi italiani che ci hanno preceduto nella corsa folle per almeno tentare di prendere questo benedetto aereo, anche se a bordo del velivolo per Vienna ci avevano detto che ormai non c’era nulla da fare, che probabilmente ci avrebbero sistemato nel primo volo disponibile, forse il giorno successivo.

Antefatto:
Il volo per Vienna, da dove dovremmo fare scalo per Tokyo, è in ritardo. Precisamente, arriva a Vienna cinque minuti prima della partenza del volo per Tokyo. In aereo siamo già rassegnati, visto l’orario. Io ho un muso terreo. Nonostante mi ripeta nella mente la filosofia del “shoganai”, ovvero “non ci si può far nulla”, ho le scatole non girate, ma vorticanti.
Tuttavia, nonostante nel primo aereo, non appena arriva a Vienna, ci confermino che la nostra coincidenza è tra quelle saltate, notiamo che ci smistano direttamente ai vari gate, con i pulmini. Un gruppo di ragazzi italiani, con cui avevamo scambiato qualche parola preoccupata per il ritardo prima del volo, scatta non appena il pulmino apre le porte. Li seguiamo, vogliamo provare anche noi.
Anni di inattività, resistenza di un bradipo, pochissimi minuti a disposizione – forse, chi lo sa, magari sto rantolando per niente, lungo i corridoi miracolosamente liberi. Ai controlli, anch’essi non intasati come al solito, il poliziotto fa per iniziare una conversazione mentre mi guarda biglietto e passaporto. Sento ululare mio marito che è già passato aldilà delle garritte e taglio corto con il giovane poliziotto che dopo aver già controllato tutto mi sta chiedendo tipo “Ma Narita dove?”
Stava per partire l’oltraggio a pubblico ufficiale.

Arrivo al gate vuoto, giusto due hostess aspettano e mi sorridono, mio marito sta aspettandomi vicino a loro: sanno già del volo in ritardo, mi dicono “Stai tranquilla, c’è ancora qualche minuto”. Sì, sono i minuti 43 e l’aereo deve partire ai 45. Non mi capacito di come siamo riusciti a prenderlo. Nella galleria verso l’aereo faccio dei versi assurdi per cercare aria, tanto che alcune persone poco oltre si voltano preoccupate. Le assistenti di volo ci coccolano un po’, insistono per farci bere qualcosa prima di sederci ai nostri posti.

Per le prime due ore di volo non mi rendo conto di avercela fatta davvero. Temo di essere schiattata lungo i corridoi all’aeroporto di Vienna e di essere tipo un fantasma inconsapevole che sta andando lo stesso a Tokyo. Chiediamo dei bagagli da stiva: ce l’avranno fatta anche loro a seguirci? Certo che sì, ci rassicurano a bordo.

Atterriamo a Narita e ci sono due signorine che ci attendono con dei cartelli con i nostri nomi, insieme a quelli di altre persone. Ahia.
Col cavolo, i bagagli non hanno corso come noi, ce li spediranno direttamente in hotel perché arrivano col volo di domani. Fortuna che metto sempre un cambio nel bagaglio a mano. E, nella sfiga, il lato positivo è che stiamo viaggiando più leggeri, vista la stanchezza accumulata.

Insomma, ora, sullo Shinkansen per Morioka, rifletto, racconto – perché, grande verità, non tutto è sempre perfetto, e mi piace mostrare tutti i lati anche dei viaggi di piacere – mentre il ragazzo giapponese seduto accanto a me sta per prendermi sonno sulla spalla. Mai fidarsi sempre ciecamente di quello che ti dicono, bisogna verificare sempre, provare anche quando le probabilità sono minime.

9 giugno 2019, Shinkansen Tokyo – Morioka

E ora pranzo, alle quattro e mezza del pomeriggio, con il bento che inaugura ogni mio viaggio in Giappone.

 

 

 

 

 

Lunedì 10 giugno – In giro per Morioka e Kakunodate

Morioka, capoluogo della prefettura di Iwate, in una mattina di lunedì, nostro primo vero e proprio giorno di vacanza. L’ aggettivo che viene subito in mente per descrivere questa città è “tranquilla”, ma di una quiete non sonnolenta, bensì rilassata. In alcuni angoli delle sue strade sentiamo persino risuonare il rumore dei nostri passi. Raggiungiamo il parco Iwate, dove un tempo sorgeva il castello del clan Nanbu. Resta traccia delle mura, entro le quali si distende un parco curato e rasserenante.

10 giugno 2019, Morioka Hachimangu

Il nostro cammino prosegue sino al Morioka Hachimangu, dove ci troviamo dinanzi ad un santuario davvero bellissimo. Nei dintorni, quartieri dagli edifici bassi, botteghe, rosticcerie, negozi di frutta e verdura. Le strade commerciali danno l’impressione di essere pensate per i residenti, non si vedono negozi di chincaglierie. Nessun turista oltre a noi, anche se in un centro commerciale vicino alla stazione, ieri sera, abbiamo visto il cartello “Tourists are welcome” attaccato alla porta d’ingresso, e sinora in nessun luogo abbiamo notato tracce di disagio o anche solo lieve imbarazzo nell’avere a che fare con noi.
Apprezzo molto questo tipo di luoghi, e sono sempre grata di poterli scoprire.

Nel pomeriggio raggiungiamo Kakunodate, nella vicina prefettura di Akita. Da Morioka questa cittadina si raggiunge in cinquanta minuti di Shinkansen. Il tragitto in treno è già bello di per sé: distese di risaie contornate da alture, e poi attraverso foreste di un verde intenso, che si aprono in vallate e fenditure in fondo alle quali scorrono torrenti, acque veloci ed iridescenti.
Kakunodate, circondata da colline boscose, è famosa per i numerosi alberi di sakura che durante la stagione della fioritura colorano di rosa soprattutto le rive del fiume che la attraversa, offrendo uno spettacolo magnifico.

10 giugno 2019, Kakunodate

Noi abbiamo visitato il vecchio quartiere dei samurai, che consiste in una successione di belle case tradizionali che si trovano numerose lungo una strada alberata – percorsa dalle auto, ma si cammina tranquillamente sui suoi lati, basta buttare un occhio se si deve attraversare – ed altrove nella città. Non le abbiamo viste proprio tutte, perché alle 17 chiudono, e siamo arrivati lì verso le 15:45. Diverse case sono ad ingresso libero, si entra nel giardino e si possono vedere gli interni, se gli shoji sono aperti (credo dipenda dalla stagione e dal meteo) senza però entrarci, altre case sono veri e propri musei e si paga, come per la tenuta della famiglia di samurai Aoyagi, il cui edificio principale è una delle residenze di samurai meglio preservate del paese. Merita davvero, è molto bella ed interessante, con alcune aree adibite ad esposizioni.

10 giugno 2019, Kakunodate

Molto carina è anche Kakunodate stessa, con la sua aria da città d’altri tempi, immersa nel verde e un po’ fuori mano – solo impressione, perché nella piccola stazione si ferma addirittura lo Shinkansen, a ben pensarci – silenziosa e tranquilla, eppure perfettamente organizzata nell’indicare i vari punti di interesse. Immagino che durante la fioritura tuttavia ci sia davvero tantissima gente.

Un’altra bella scoperta, in un pomeriggio nella prefettura di Akita (e la famosa razza canina è presente ovunque in immagini e gadget, io però ho incontrato solo un golden retriever, un bassotto e uno yorkshire, mi sento un po’ contrariata 🤣).

Martedì 11 giugno – Erba estiva a Hiraizumi

“Erba estiva:
Tutto ciò che rimane del sogno
di antichi guerrieri”

11 giugno 2019, Hiraizumi

Il poeta Basho compose questo celebre haiku ispirato proprio da Hiraizumi, che visitò durante le sue peregrinazioni.

Un tempo, questa città, sede del ramo settentrionale della famiglia Fujiwara, rivaleggiava con Kyoto per ricchezza e cultura. Poi, nel XII secolo, accadde che l’eroe Minamoto Yoshitsune, durante la sua fuga dal fratello Minamoto Yoritomo, fondatore dello shogunato Kamakura, che voleva eliminarlo in quanto suo possibile rivale, cercasse rifugio proprio qui, presso i Fujiwara.
Tuttavia, Yasuhira, il successore di Hidehira, terzo signore dei Fujiwara che aveva offerto la sua protezione a Yoshitsune, cedette alle pressioni di Yoritomo e attaccò l’eroe presso il Takadachi, luogo in cui si pensa si trovasse la sua residenza. Yoshitsune dovette commettere seppuku. Era il 1189.
Yoritomo però, non soddisfatto, distrusse anche gran parte di Hiraizumi. I Fujiwara qui presenti non si ripresero più.

11 giugno 2019, Hiraizumi

Oggi la città conserva parte del bellissimo complesso di templi del Chuson-ji, immerso nel verde delle colline, dove si possono ammirare tesori come il Konjikido, uno spettacolare padiglione con statuaria buddhista, completamente rivestito di foglia d’oro. È conservato dentro un altro edificio, e non si possono far foto, ma vi assicuro che toglie il fiato.
Bello anche il Motsu-ji, altro tempio con un armonioso giardino, dove abbiamo ammirato dei delicati iris e il laghetto.
Siamo stati poi al Takadachi Gikeido, memoriale dedicato a Yoshitsune in cui si trova una sua statua in legno a grandezza naturale, fatto costruire nel XVII secolo sul luogo in cui si pensa l’eroe abbia trovato la morte.

11 giugno 2019, Hiraizumi

Intorno al piccolo e tranquillo centro abitato, distese di prati dove rimangono pochi resti di antichi edifici. Solo qualche pietra, segni di gloria passata. Risuonano le parole di Basho, mentre gli occhi sprofondano nel verde dell’erba estiva.

 

Mercoledì 12 giugno – Il ritmo e sogni di antiche genti, a Aomori

Scheletri di bambù, carta colorata, un cuore di luci che crea la fantasmagoria: gli splendidi carri del Nebuta Matsuri di Aomori, che si tiene ogni anno in agosto, e pare derivi da tradizioni legate al Tanabata e a riti per propiziare un clima favorevole ai raccolti. Il museo ad esso dedicato mostra alcune di queste opere d’arte, davvero impressionanti a vedersi.

12 giugno 2019, Aomori

E, tra l’altro, abbiamo provato anche a suonare i Taiko, istruiti da delle signore che hanno dato dimostrazione della musica che accompagna il Matsuri. “Don. Dodondon. Prova a sentirlo, è come il battito del cuore” mi ha detto la signora che mi stava guidando perché poi accompagnassi insieme agli altri la musica del flauto e di piccoli cembali. Bellissima esperienza, senti proprio il ritmo nella pancia😊

Nel pomeriggio andiamo a Sannai Maruyama, un insediamento del periodo Jomon, nei pressi di Aomori. Si passeggia lungo una vallata dove sono stati ritrovati resti di un

12 giugno 2019, Aomori

villaggio (questo nello specifico databile tra il 3900 e 2200 a.C.). Ricostruzioni di questi edifici raccontano come potesse essere la vita all’epoca, durante la preistoria giapponese. Un bel museo collegato al sito spiega inoltre i vari aspetti della vita dell’epoca, attraverso i reperti trovati nell’area. Un Giappone ben diverso da quello dell’immaginario collettivo, in un periodo misterioso e affascinante di questo arcipelago che iniziò 15000 anni fa e ne durò ben 10000.

Verso seria, ripenso alla bella giornata appena trascorsa.

Quello che sto vivendo in questi giorni di vacanza è un Giappone diverso da quello visto sinora. E anche nei viaggi precedenti mi sono imbattuta in molteplici aspetti, atmosfere, suggestioni. Prima di ogni viaggio c’è un angolino di me che teme la delusione, oppure il non riuscire a provare quello che ho provato nei viaggi precedenti, per una sorta di abitudine che potrebbe diminuire l’incanto.

Ma non succede mai. Ogni volta è un innamoramento.

Mi rendo conto che questo paese è un caleidoscopio, e non appena credi di sapere cosa aspettarti, ecco che colori e trame mutano, ti aprono dinanzi agli occhi nuove immagini. Persino cose famigliari quali possono essere templi e residenze antiche hanno sempre qualcosa di diverso, a seconda del luogo. Anche luoghi che hai già visto ti mostrano altri lati. Come dico sempre, basta voler guardare davvero.

Il Giappone non è solo Tokyo e Kyoto, non è solo geisha, samurai, tè, sushi e cultura pop, metropoli e vicoletti pittoreschi. Non è solo ordine e perfezione oppure stress e stranezze. Il Giappone è anche questo, in parte (perché gli assolutismi sia positivi che negativi non sono mai veritieri) ma c’è così tanto altro che spesso mi trovo a ritenere sia un peccato ci si soffermi spesso unicamente sugli aspetti più noti, che a tutti noi piacciono, ci mancherebbe, sono quelli che ci hanno avvicinato a questa cultura, ma che presi da soli non danno un quadro che racconti davvero un paese.

Non avrò mai la presunzione di aver capito anche solo un minimo il Giappone. È un viaggio continuo per cui sono estremamente grata.

Giovedì 13 giugno – Hirosaki e il castello mobile
13 giugno 2019, Hirosaki

Avrete sicuramente visto in rete delle immagini di Hirosaki: questa città è uno dei luoghi più celebri per la fioritura dei ciliegi. Il parco che circonda il suo castello infatti ospita quasi 2600 piante. Molto fotografato è anche il fossato che, quando i petali iniziano a cadere, mostra il poetico fenomeno della cosiddetta “zattera di fiori”, un tappeto rosa che copre la superficie dell’acqua.

Anche nella stagione in cui tutto è verde, il parco è davvero meraviglioso, con alberi splendidi che non ci si stancherebbe mai di guardare. Veri monumenti naturali. Il castello invece, un tempo appartenente al clan Tsugaru, è piccolino, ma ha una storia curiosa: costruito nel 1611 come castello a cinque piani, venne distrutto da un incendio causato da un fulmine nel 1627. Venne ricostruito quindi nel 1810 da Yasuchika, nono signore della famiglia, che ebbe il permesso grazie ai servizi resi presso la città di Ezo, in Hokkaido, e perché lo fece passare per la ricostruzione di una torretta angolare (cosa che mi ha fatta molto ridere quando l’ho letta). 

13 giugno 2019, Hirosaki

Si tratta dell’unico castello costruito nel periodo Edo rimasto, nel nordest del Giappone. Ma le curiosità non finiscono qui: qualche anno fa, per la necessità di compiere dei lavori di restauro sulle mura, il castello dovette essere spostato di circa 70 metri rispetto all’angolo delle stesse in cui si trovava. I lavori sono iniziati nel 2013 e dureranno una decina di anni. Il castello ha riaperto al pubblico nel 2016. Quando tutto sarà sistemato, dovrebbe tornare al suo posto (che sicuramente è più pittoresco, infatti tutte le foto che si vedono in giro sono precedenti allo spostamento).

All’interno del castello, che è a tre piani e molto grazioso all’esterno, c’è una piccola esposizione sui lavori di spostamento e praticamente niente altro. Non serve nemmeno togliersi le scarpe per entrare, come accade nei castelli originali. Se avete visto meraviglie come il castello di Himeji di certo il castello di Hirosaki potrebbe dirvi ben poco, tuttavia è circondato da un parco, nel quale poi vi sono anche altre sue torrette e posti di guardia, che vale sicuramente la pena vedere.

13 giugno 2019, Aomori

Nel pomeriggio invece, passeggiata lungo il molo del porto di Aomori, e per le vie della città.
Sulla lunga passerella del molo ad un certo punto si trova una scultura che raffigura due bambini, con del filo rosso attorno alle caviglie. Si tratta di una statua dedicata ad un episodio che il grande scrittore Dazai Osamu descrive in un suo racconto “Omoide” (Ricordi). Mentre studiava ad Aomori, da ragazzino, lui e il fratello minore giunsero appunto su un molo, e guardando il traghetto Seikan, che porta sino ad Hakodate, in Hokkaido, parlarono dell’akai ito, il filo rosso del destino che unisce un uomo e una donna.
Ad Hakodate, dall’altra parte dello stretto, c’è la stessa statua a guardare il mare.

Aomori è una città che dà l’impressione di aver visto tempi migliori, soprattutto in alcune vie dove si notano moltissimi negozi chiusi, ed edifici piuttosto trascurati. Nel 1988, quando aprì il tunnel ferroviario Seikan, la città perse molta della sua importanza come luogo di passaggio per chi doveva prendere i ferry per andare dall’Honshu all’Hokkaido. Restano i ferry che portano le auto, ma con i voli a basso costo anche questi hanno visto diminuire un po’ il traffico. Resta molto famoso il suo Nebuta Matsuri, ad agosto, che attira tantissima gente. Io la trovo un luogo dall’aria molto nostalgica, ma in senso positivo. Mio marito invece la trova un pochino decadente. Sarà che amo un po’ tutte le città di mare, e che io stessa vengo da una città portuale, ma questa città mi piace.

Venerdì 14 giugno – Sotto gli occhi del Buddha

14 giugno 2019, Seiryu-ji

Questa mattina siamo andati a visitare il Seiryu-ji, tempio a 50 minuti di bus dalla stazione di Aomori, che ospita il bellissimo Showa Daibutsu. Come dice il nome, si tratta di una grande statua del Buddha, creata durante l’era Showa, precisamente nel 1984. È la più grande statua di Buddha seduto qui in Giappone, con i suoi 21,35 metri di altezza (mi sto immaginando i vari Daibutsu che ho visto – Kamakura, Nara, Takaoka – che fanno le gare per vedere chi è più alto). Il complesso che ospita la statua è anch’esso molto recente, fondato nel 1982 (attenti a dire “insomma, non è così recente”, io sono dell’83 😜). La statua è magnifica, e con la cornice delle colline verdi alle sue spalle crea un quadro di perfetta serenità. Stato d’animo in cui ti immerge anche il resto del luogo.

14 giugno 2019, Seiryu-ji

Mentre, seduta sull’enkawa lungo un lato della sala principale del tempio, lato predisposto a tale scopo, osservavo la pagoda con il giardino di pietra e la natura che la circonda, mi sono ritrovata improvvisamente con gli occhi pieni di lacrime di commozione. Bellezza, come una carezza nell’animo.

Resterà di sicuro tra i ricordi più belli di questo viaggio.

 

Sabato 15 giugno – Sapporo in una giornata nuvolosa

Oggi siamo arrivati a Sapporo, dopo un viaggio in treno che da Aomori, attraverso il tunnel Seikan, ci ha portati nell’Hokkaido. Lungo 53,85 km, di cui 23.3 sono sotto il livello del mare, è il tunnel sottomarino più lungo al mondo, preso nel suo complesso (quello della Manica ha un tratto sottomarino più lungo).

Il viaggio in treno dalla stazione di Shin Hakodate Hokuto sino a Sapporo riserva dei paesaggi di una bellezza strana: prima un lago con isole misteriose, come piccole zattere tonde di alberi lussureggianti sullo specchio d’acqua, e poi per la maggior parte si apre su scenari lungo la costa. Alla tua destra il mare, che oggi era di un grigio argento, mosso di onde che si infrangono su spiagge strette e vicini prati dalle erbe alte tormentate dal vento. A tratti, zone di costa rocciosa con contrafforti che si gettano sull’acqua. Cittadine con case dai tetti dalla forma singolare, fatti per la neve. La visione di un piccolo santuario di Inari affacciato sul mare, di una bellezza solitaria e selvaggia. Batto le palpebre e già non lo vedo più, forse è stato solo un sogno. Alla tua sinistra, alture dense di foreste, prati verdissimi, un filo di nebbia vaporosa tra le cime.

Sapporo è una grande città, e ci arrivo stanchissima. È come se d’improvviso la fatica di una settimana di viaggio mi colpisse tutta d’un colpo. Purtroppo, poi, comincia anche a piovere. Ci siamo riposati per qualche ora in hotel, perché stavo quasi collassando dal sonno, poi siamo usciti per cena. Piove ancora, anche se non è un acquazzone.

Domenica 16 giugno – Sapporo Matsuri

16 giugno 2019, Sapporo

Questa mattina assistiamo alla processione che si svolge qui a Sapporo in occasione del Sapporo Festival, o festival del santuario dell’Hokkaido. Bellissima, e come mio solito ad un certo punto mi sono emozionata sino alle lacrime. La parata si snoda per gran parte della giornata lungo le vie principali della città, dopo essere partita dal santuario dell’Hokkaido, un santuario shinto che si trova nel parco Maruyama, grande spazio verde ai piedi delle colline.

Dopo aver visto passare tutta la processione, siamo andati al santuario: qui c’era grande animazione,

16 giugno 2019, Sapporo

lungo le vie tra gli alberi c’erano i classici banchi da Matsuri, che vendevano cose da mangiare (takoyaki, yakisoba, taiyaki, zucchero filato, banane ricoperte di cioccolato, etc.), oppure proponevano quei giochi da festa come i pesci rossi da pescare, o le sfere da pescare, o vendevano maschere e palloncini. Il santuario è veramente molto bello, e con il clima di festa di oggi non riuscivo a smettere di sorridere.

Nel pomeriggio poi abbiamo visitato il Sapporo Beer Museum, molto interessante e con possibilità di assaggio finale dei vari tipi di birra (tra l’altro la Sapporo è forse la

16 giugno 2019, Sapporo

mia birra preferita), e poi, tornati in centro, abbiamo visitato la Tokeidai, la torre dell’orologio simbolo della città.

Una splendida giornata, nonostante il tempo non proprio bello (ma almeno non ha mai piovuto in modo tale da impedire di girare).
Anche Sapporo, con la sua storia così particolare, da mondo di frontiera che si slanció verso la modernità, mi sta mostrando altre bellezze di questo paese.

Lunedì 17 giugno – Yoichi, e il coraggio sotto il cielo di Hokkaido

Il treno corre accanto al mare. Fa freddo, questa mattina, ci sono appena 12 gradi e una pioggia leggera spruzzata ovunque da un forte vento. Verso Otaru, di nuovo vediamo una costa dall’aria selvaggia. Il mare è tormentato dalle onde, creste di spuma candida si infrangono su strette spiagge rocciose, accanto ai binari, accanto alle case.
La stazione di Otaru, da dove aspettiamo il treno per Yoichi, sembra uscita dal set di un film western. Ci sono persino delle riproduzioni di lampade ad olio, appese ai pilastri.
Per arrivare a Yoichi si prende un trenino locale ad un solo vagone. Attraverso il verde, intorno valli e colline fitte di foreste, e alla destra il mare.

17 giugno 2019, Yoichi

Perché Yoichi? Per visitare la prima distilleria del famoso whisky Nikka, che venne fondata qui nel 1934 da Taketsuru Masataka, dopo la sua esperienza in Scozia. Qui nell’Hokkaido trovò il clima ideale per realizzare il suo sogno: produrre whisky che non fosse solo una pallida imitazione, seguendo quanto appreso nella patria di questo alcolico. Yoichi era infatti un luogo per certi versi molto simile alle Highlands scozzesi. In Scozia aveva conosciuto anche sua moglie, Rita (Jessie Roberta Cowan), sposata nel 1920. Fu lei a dargli costante supporto nella sua impresa, seguendolo in Giappone nonostante le difficoltà che una vita in un paese così lontano e diverso poteva comportare. Ho trovato la loro storia davvero commovente e coraggiosa.

La visita alla distilleria è gratuita, così come gli assaggi di tre tipi del noto whisky, che ha cominciato a

17 giugno 2019, Yoichi

ricevere molta attenzione a livello internazionale quando nel 2001 il Single Cask Yoichi 10 years é stato premiato come il migliore, tra 47 whisky provenienti da tutto il mondo, dallo Whisky Magazine del Regno Unito. Era la prima volta per un whisky giapponese.

Un altro aspetto del Giappone, storia moderna e pur sempre cultura. Ma anche storia dell’avventura di un uomo e una donna, provenienti da mondi lontani e diversi, uniti dall’amore e da un sogno, sotto il cielo dell’Hokkaido.

17 giugno 2019, Sapporo

Alla sera salutiamo Sapporo con cena a base di ramen in uno dei localini della Ganso Sapporo Ramen Yokocho, un vicolo nascosto tra le strade del quartiere dei divertimenti Susukino. In questa stradina stretta si allineano una quindicina di piccoli locali molto informali (quello in cui eravamo noi conteneva al massimo nove persone) dove vengono serviti diversi tipi di ramen. È conosciuta anche come la Ramen Alley, e si dice che il miso ramen sia nato qui.
È stato l’ideale vista la serata molto fredda e ventosa!
Arrivederci quindi a questa bella città, domani si parte per Tokyo, l’ultima tappa del nostro viaggio.

Martedì 18 giugno – Rieccoti, Tokyo

18 giugno 2019, Tokyo

Sera dalla stanza dell’hotel, in zona stazione di Tokyo. Come sempre, gli alberghi in questa città offrono scenari davvero suggestivi, non appena cala il buio. La notte di Tokyo avvolge, ti fa sentire piccolo ma al tempo stesso protetto, e non solo perché le altezze degli edifici corrono vertiginose di luci verso il cielo buio, insieme al tuo sguardo. È una notte viva, in cui percepisci la presenza umana costante, lì, da qualche parte lungo le strade. Ti senti parte di un mondo in cui vivi insieme agli altri eppure sei solo di fronte alla metropoli.

Oggi abbiamo trascorso il pomeriggio nel quartiere di Akihabara, dove abbiamo pranzato nel nostro posto preferito (un piccolo Sushi Go Round) e poi abbiamo fatto visita ai vari negozi specializzati in figure e robot, anche lì andando a colpo sicuro dai nostri preferiti. Ci siamo insomma rilassati un po’ dopo il lungo viaggio da Sapporo. Ho bevuto un latte al matcha e cocco, con la tapioca, veramente buono, anche se mi pare siano stati decisamente avari con il quantitativo. Da qualche viaggio a questa parte poi mi piace molto vedere le espressioni dei turisti che sono lì per la prima volta: lo stupore, il non saper da dove iniziare, lo stordimento felice. Sono contenta per loro, e per il sogno realizzato che stanno vivendo.

E ora buonanotte, con negli occhi le immagini della sera nei pressi della stazione di Tokyo, cattedrali di luci nel velluto scuro del cielo. Domani, una nuova giornata, che immagino già inizierà con i richiami dei corvi, alla mattina presto.

Qualche minuto dopo aver concluso la scrittura, c’è stato un forte terremoto, di grado 6.8, a circa 380 km da qui, nella prefettura di Yamagata. Abbiamo sentito ballare la stanza, qui a Tokyo al nono piano dell’hotel. Un po’ di spavento, ma il pensiero va agli abitanti della zona, speriamo vada tutto bene e siano al sicuro. (P.s. fortunatamente l’allerta tsunami data subito dopo la scossa è rientrata, e non ci sono stati morti).

Mercoledì 19 giugno – Shinjuku Gyoen, il giardino nella metropoli

19 giugno 2019, Tokyo

Tokyo, oggi. Una città che non si finisce mai di conoscere, che riserva sempre angoli che non si sono ancora visti e vissuti. Così è stato per me con il parco Shinjuku Gyoen, nel cuore di Shinjuku. Una delle prime tappe per molti turisti in Giappone, eppure noi non l’avevamo ancora visto, per un motivo o per l’altro. E così, nel pomeriggio, dopo una mattinata di spese in libreria, nei pressi della stazione di Shinjuku, ci siamo persi nella bellezza di questa oasi verde nel cuore della metropoli. Rilassante e confortante.

Giovedì 20 giugno – Un mare di ortensie a Odawara

20 giugno 2019, Odawara

Stamattina abbiamo visitato il castello di Odawara, città a una mezz’ora di Shinkansen da Tokyo. Roccaforte del potente clan Hojo, fu teatro di una battaglia decisiva durante il Sengoku Jidai, il periodo degli stati in guerra, dopo la quale Toyotomi Hideyoshi, che tenne sotto assedio per tre mesi il castello di questa famiglia fiera e unitissima (cosa tutt’altro che scontata all’epoca) arrivò a consolidare il suo dominio sul Giappone. Era il 1590.

Odawara è una città sul mare, e dalla sommità del castello si gode della vista sulla baia. Oggi c’era un po’ di foschia, che rendeva tutto simile ad un acquerello dai toni sfumati. Mi ha colpita poi come tutte le persone che abbiamo incrociato (il ragazzo che controllava i pass ai tornelli, la ragazza del ristorante di soba, udon e curry in stazione, la ragazza all’ufficio prenotazioni dei biglietti per i treni) fossero davvero di ottimo umore, con dei sorrisi che arrivavano anche agli occhi. Con mio marito abbiamo scherzato un po’ sulla cosa “Ad Odawara sono tutti contenti!” ci siamo detti.

20 giugno 2019, Odawara

Il castello è molto bello, ricostruito anche questo, con degli interni che sono museo. Per chi come noi ama il Sengoku Jidai e la storia di questo paese in generale, poi, è davvero molto interessante. Cosa curiosa, nel cortile antistante il torrione principale c’era una grande gabbia con delle scimmie, erano poco meno di una decina, molto graziose ma mi sono sentita dispiaciuta per loro.
Ma la cosa che ha suscitato maggiormente la mia ammirazione ed esclamazioni varie di meraviglia sono state le meravigliose ortensie che lo circondavano. Non sapevo più dove guardare da quanto erano belle. Ajisai, fiore di giugno, durante il culmine della sua bellezza.

Venerdì 21 giugno – Sulle orme di Mito Komon

Tarda mattinata e primo pomeriggio trascorsi a Mito, cittadina nella prefettura di Ibaraki, a poco più di un’ora da Tokyo. Il famoso Mito Komon, ovvero Tokugawa Mitsukuni (1628 – 1701), era daimyo della zona. Un peccato che la statua davanti alla stazione, che lo ritrae insieme ai suoi fedeli servitori, con i quali si dice (secondo le rivisitazioni della sua vita fatte da romanzi e serie televisive) girasse in incognito per portare giustizia ovunque andasse, fosse nascosta da dei lavori in corso.

21 giugno 2019, Mito

La città è sede anche di uno dei tre grandi giardini del Giappone, il Kairakuen (gli altri sono il Kenrokuen a Kanazawa e il Korakuen ad Okayama). Era l’unico che ci mancava di vedere. Non siamo riusciti a girarlo tutto, perché è davvero vasto, e già il percorso per arrivarci, una passeggiata lungo il lago Senba piacevole ma piuttosto lunga, ci aveva stancati parecchio. Il parco è noto anche per la fioritura dei tantissimi alberi di ume, che da metà febbraio a fine marzo lo inondano di colori.

Mentre stavamo dirigendoci verso il parco, abbiamo visitato anche il museo di arte moderna di Ibaraki, dove c’era una mostra su Tezuka Osamu. Molto interessante, e

21 giugno 2019, Mito

visto che amiamo le opere di colui che è stato considerato come “Il dio dei manga”, non potevamo perderla, è stato un regalo inaspettato trovarla per caso. Niente foto permesse all’interno, tranne che per due angoli della mostra.

Mito ci ha lasciato insomma una bella impressione, una città con diverse cose da vedere, e anche carina di per sé. Considerata anche la relativa poca distanza da Tokyo, vale la pena visitarla.

La fine del viaggio – Pensieri nella sera del 21 giugno

Tokyo, ultima sera tra le tue strade.
Domani a quest’ora si sarà già in viaggio verso Narita, ad attendere poi l’aereo che domenica mattina ci riporterà a casa. Nuvole illuminate dalle tue mille luci stanno correndo veloci nel cielo nero. Le osservo dalla finestra dell’hotel, e penso alle ultime scene appena viste, nei suoi dintorni. Gente che torna da una giornata di lavoro, la camminata veloce oppure rilassata. Le luci calde dei locali dove si mangia. Cespugli bellissimi di ortensie, e i grattacieli.

E poi, raggomitolata nel corridoio di bagni pubblici che danno sulla strada, una vecchina che ha cercato rifugio per la notte, con tutte le sue cose intorno, stipate in sacchi di plastica. Ne ho viste, in questi giorni, di persone con sguardi smarriti, o duri, vestiti lisi, persone che si tengono in disparte, o paiono vagare senza meta. Come in tutte le grandi città, in tutto il mondo. Quelli che per la società non ce l’hanno fatta, e hanno solo se stessi. Spesso dimenticano anche se stessi.

Tokyo in qualche modo condensa il Giappone, anche se il Giappone non è solo Tokyo. Il Giappone è anche quelle innumerevoli distese di campagne e fitte foreste che riempiono gli occhi quando si abbandonano le grandi città e le loro propaggini, fatte di case densissime. È la sua costa, con un mare che carezza o spumeggia, e abitazioni cesellate dal salmastro, boe accatastate su spiagge solitarie. È foreste cupe abitate dalla risata dei corvi, e risaie in cui si riflette il cielo. È santuari e templi che esprimono il cuore più profondo delle cose.

È divino e grottesco. Eleganza e semplicità, con accanto il pacchiano e il cattivo gusto. È la gentilezza estrema e la terribile indifferenza, che è tacito rifiuto. È sorrisi sinceri, sguardi brillanti ed entusiasti, e la paralisi del disagio. È educazione e civiltà, buonsenso e comodità, e assurdità, complicanza e maleducazione. È divertimento, la gioia del non vergognarsi di amare il carino, il giocoso, l’infantile, e la serietà ascetica, devota e concentrata verso la perfezione.

È un mistero che avvince il mio animo.
Questo settimo viaggio mi ha mostrato molto altro, ancora altro. Non un paese perfetto, ma un paese di esseri umani. Un paese, una cultura, che mi spiegano e fanno vedere più profondamente anche la mia cultura natale, il mio paese. E con il dialogo e confronto costante che sviluppano nella mia mente, non fanno altro che farmi apprezzare ed amare sempre più l’una e l’altra, con tutti i loro pregi e difetti.

Sono profondamente grata per le esperienze fatte sinora, per questo viaggio che sta per volgere al termine, per il mio compagno che condivide la mia passione e vive con me le emozioni della nostra vita insieme, in ogni luogo.

Sabato 22 giugno – Sera, verso la nottata da trascorrere in aeroporto

Seiryu-ji, Aomori

Sul Narita Express, guardando le città scorrere dal finestrino. Pozze di colore di quartieri animati, le file di rettangoli dorati delle finestre di condomini, e poi tratti di paesaggio buio.
In questi momenti il vetro riflette solo il tuo volto. E allora penso che il viaggio è proprio questo: cambiano gli scenari, diventi sguardo su un esterno che ami, che ti affascina, che vuoi conoscere sempre meglio…ma alla fine il viaggio sei tu. I tuoi ricordi, gli insegnamenti tratti, le emozioni provate. Ogni viaggio diviene un filo prezioso nell’arazzo della tua vita, e i suoi colori e forme sono come soltanto tu avresti potuto crearli.

Il viaggio sei tu.