Esperienze uniche in Giappone – Capitolo 6

Esperienze uniche in Giappone: con questo argomento prosegue dopo un po’ di tempo lo spazio I consigli empirici di Stanze Giapponesi, dove parlo di viaggi tramite quanto ho vissuto, per offrire degli spunti di riflessione e qualche piccolo spunto per chi stesse pensando di visitare questo paese.

Sempre più spesso, in modo direttamente proporzionale al numero crescente di persone che scelgono il Giappone come meta per le proprie vacanze, mi capita di vedere foto dove viene immortalato un qualche momento del viaggio che viene definito in qualche modo come una delle esperienze uniche in Giappone che la persona in questione avrebbe vissuto.

E fin qui, niente di male. Quanto mi lascia un po’ perplessa invece è la tendenza nel chiedere alla persona in questione i dettagli precisi di un luogo, con tanto di coordinate, fosse anche un banchetto dove questa si è fermata a prendere un gelato, o il giardino di una casa tradizionale dove una signora stava stendendo il bucato (come mio solito ironizzo, non sto facendo esempi reali, cerco solo di dare l’idea).

C’è quella volontà spesso un po’ confusa di vivere esattamente nello stesso modo quelle presunte esperienze uniche in Giappone, come se si dovesse tracciare un programma prestabilito non solo delle tappe principali, ma anche di ogni emozione da provare. Qualcosa che mi fa pensare si vogliano vivere esattamente le stesse identiche cose degli altri, così come vengono fatte apparire sui social.

Eppure, si dovrebbe fermarsi un attimo a pensare che le emozioni sono diverse per ogni persona che le vive, così come le concatenazioni di casualità che possono portare a trovarsi in un luogo magari non previsto, ad avere certi tipi di interazione con le persone che vi si trovano, in certe ore del giorno e con certe condizioni atmosferiche, e infiniti altri fattori.

Chiedere le coordinate sulla mappa di un negozietto di caramelle sperduto trovato per caso da qualcuno che magari si è perso – può capitare di perdersi – perché si vuole fotografarlo o tentare a propria volta l’approccio con i locali mi sembra solo un tentativo di imitazione, forse perché si teme, quando si potrà iniziare a concretizzare l’esperienza con una partenza verso il Giappone, di non riuscire a provare quello che generalmente i social continuano a farci credere di dover desiderare esattamente in quel modo. Compresa l’unicità di qualcosa, quel poterlo mostrare come qualcosa di riservato solo a noi e al nostro modo di viaggiare, per mostrarlo come migliore e più invidiabile rispetto a quello degli altri.

Negli ultimi anni si è stati talmente sommersi da immagini e video circa le esperienze uniche in Giappone, quelle da non perdere, tanto da rischiare di provare la sensazione di aver già visto tutto, per cui qualcosa che dà anche solo l’impressione di poter essere una sorta di scoperta o particolarità non sviscerata in tutti i suoi aspetti si vuole immediatamente replicare, finendo per cadere nello stesso paradosso del fare tutti le stesse cose.

Forse ci si è talmente imbevuti di emozioni e immagini preconfezionate da non riuscire più ad assorbire niente di quanto poi si presenta con la sua realtà davanti agli occhi, scoprendosi non più abituati a vederlo senza un qualche filtro, fosse anche l’aspettativa che vi è stata creata intorno. Con il risultato di farle perdere così qualsiasi unicità, e con il rischio di trasformare altri luoghi in nuovi angoli spremuti dal turismo di massa.

Qual è il senso di questo mio discorso? Si tratta di un invito a riflettere circa una questione molto semplice: le esperienze uniche in Giappone sono tutte quelle che avrete modo di fare in tale paese, e saranno tali perché riguarderanno voi in quel contesto così diverso da casa vostra. Ci saranno ovviamente degli itinerari che deciderete di seguire, per la necessaria organizzazione, ma quanto poi accadrà di inaspettato durante il viaggio, quanto vi rimarrà davvero impresso, non saranno certo le esperienze fatte da altri che vi siete appuntati prima della partenza per cercare di riprodurle allo stesso modo.

Voi siete voi, non preoccupatevi del “Ah ma se non farò questo, se non riuscirò a vedere quest’altro, o a mangiare quella cosa lì, o sedermi in quel locale là, o a fotografare quel quartiere vintage, o a ricevere complimenti da un residente che mi mostrerà luoghi speciali che di solito non si può far vedere a nessuno, e se non documenterò tutto con video in diretta o qualcosa di simile non potrò dire di essermi goduto il viaggio nello stesso modo fantastico e autentico come Tizio o Caio”.

Non prestabilite delle emozioni precise da provare come parte del vostro programma. Ricordate che per loro stessa natura le emozioni e le sensazioni sono quanto di più personale abbiamo, e non devono dirci gli altri che cosa provare. Anche se una persona racconta di esperienze uniche in Giappone che ha vissuto, lo fa per forza di cose sempre in modo soggettivo, e per voi sarà lo stesso, quando racconterete del vostro viaggio.

Voler fotocopiare nei minimi particolari quanto hanno fatto altre persone non può che portare o a delusioni o, ancora peggio, a un senso di vuoto nel rendersi conto che si sta appunto imitando un riflesso di emozioni altrui, perché non ci si fida abbastanza nel lasciarsi andare e ritenere che le proprie esperienze saranno necessariamente diverse, ma altrettanto belle e degne di ricordo.