In Giappone si parla in inglese?

Ecco qui un’altra domanda che mi viene posta spesso parlando di viaggi nel paese del Sol Levante. Con tono tranquillo chi mi pone la domanda circa la diversità della lingua giapponese (che personalmente io parlo e leggo ancora a livello sopravvivenza: per ora ho frequentato per conto mio due corsi di lingua e sto continuando a studiarla nel tempo libero) finisce per dire: “Massì, tanto anche lì se parli in inglese ti capiscono, no?”.

Sì e no. Non c’è una risposta facile ed universale per questa domanda. Io stessa, viaggio dopo viaggio, mi sono trovata a cambiare opinione circa la questione. E, come sempre, posso parlare delle mie esperienze e delle impressioni che ne sono derivate. Altri potrebbero aver vissuto diversamente situazioni differenti. D’istinto mi verrebbe da dire che i giapponesi l’Inglese in generale lo parlano poco e male, ma sarei ingiusta nei confronti di quelle persone del luogo che ho incontrato durante i viaggi che invece l’Inglese lo parlavano benissimo.

Allora: nelle grandi città non ci sono problemi, perché le indicazioni, ad esempio, sono praticamente sempre in doppia lingua, a meno che non si finisca in qualche luogo periferico poco frequentato dai turisti. Anche chi lavora a contatto con il pubblico tendenzialmente se la cava con la lingua inglese (ma anche questo non sempre è così scontato, nemmeno nelle reception degli alberghi). Nei luoghi meno frequentati dai turisti stranieri e nelle città più piccole invece non ci si deve aspettare sempre di trovare indicazioni in inglese o anche solo i nomi traslitterati nel nostro alfabeto. Ricordo, durante la nostra visita a Sekigahara, che una volta usciti dalla stazione abbiamo vagato per un po’ senza riuscire a trovare indicazioni per noi intellegibili (e l’ufficio informazioni in quel momento era chiuso…possono capitare questi bei momenti di fortuna), sino a che non abbiamo deciso di seguire una coppia di anziani giapponesi, con l’aria di chi stava facendo la gita fuori porta, e ad un certo punto abbiamo trovato il museo.

C’è da dire che i giapponesi di solito sono sempre gentilissimi, e anche se in un primo momento non capiscono cosa tu gli stia chiedendo cercano comunque di sforzarsi, chiamano magari in aiuto qualcun altro, e finisci spesso per trovarti attorno quattro persone riunite a borbottare mentre mostri loro un indirizzo o una mappa sul tuo smartphone, ognuna con l’aria di chi sta disperatamente cercando di ricordarsi quanto studiato a scuola. Per qualche arcano gioco di intesa tra esseri umani, e magari la memoria che fa capolino di colpo nella testa di qualcuno, di solito riesci ad ottenere l’informazione. Capita che ti accompagnino persino sul luogo.

Poi ci sono le persone che, quando vedono un turista straniero, danno per scontato che si sia perso, quindi di loro iniziativa vengono a chiederti se tu abbia bisogno di aiuto, spesso anche per esercitarsi con la lingua straniera che stanno studiando. Di solito, ma non sempre, sono persone di una certa età, che si pongono finalmente meno problemi rispetto ai più giovani in quanto a senso di vergogna magari per una parola errata. Mi è capitato un vecchietto baldanzosissimo, ad Osaka, che, dopo avermi vista semplicemente controllare un foglio (avevo già capito dove andare e stavo per riprendere il cammino trascinandomi dietro il mio valigione) non mi mollava più, perché non riusciva a capire il mio ripetuto “Grazie mille, ma ho capito dove si trova il posto”. Voleva addirittura che entrassi nel konbini lì vicino per chiedere informazioni al ragazzo in cassa o che andassi nella stazioncina di polizia oltre la strada per chiedere invece indicazioni ai poliziotti.

Un’altra reazione comune, che può lasciare perplessi e un po’ feriti, è invece trovarsi di fronte persone letteralmente gelate dalla tua richiesta posta in inglese. A me è capitato soprattutto con i più giovani, con i quali inizialmente credevo sarebbe stato più facile comunicare, visto che sono “freschi di studi”. Invece, pur sentendosi in dovere di darti retta, si bloccano totalmente senza riuscire a dirti nulla, fino a che ti senti talmente in colpa per averli congelati in quel modo da ringraziare comunque e lasciar perdere. Spesso è chiaramente una questione di imbarazzo e timore di sbagliare nell’esprimersi. Tuttavia capita anche di trovare gli studenti in gita che ti fermano per farti delle interviste come compito per esercitare la lingua straniera. Così come i volontari di tutte le età che, vicino a luoghi di interesse storico ed artistico, ti fanno da guida, proprio per avere anche occasione di parlare attivamente l’Inglese. E ho trovato anche diverse persone che attaccavano bottone per curiosità, magari in attesa alla stazione o in luoghi in cui non vi è sempre la folla di turisti occidentali, e pur non parlando bene la lingua straniera non si rovinavano il piacere di comunicare comunque.

Con l’avvicendarsi dei vari viaggi, la familiarità con certi meccanismi e certi posti e il mio frasario personale giapponese che si arricchiva, ho avuto sempre meno problemi, anche se le mie conversazioni con i locali sono ancora un fantastico misto di Inglese, Giapponese e parole inglesi pronunciate alla giapponese. Che in qualche mistico modo viene quasi sempre capito, con risposte date nello stesso linguaggio guazzabuglio.

Tuttavia, vorrei far riflettere su una cosa: quanti in Italia parlano bene l’Inglese, comprendendo tutto quello che gli viene chiesto ed esprimendosi in modo corretto? Nemmeno da noi è così scontato trovare sempre ed ovunque la persona che riesca a comunicare in modo soddisfacente con i turisti stranieri. C’è da dire che tendenzialmente gli italiani hanno meno timore di sbagliare e fare brutte figure, quindi si “buttano” di più rispondendo magari a modo loro. Ma, come raccontavo, anche in Giappone ci sono tante persone che lo fanno. E tante persone che l’Inglese lo parlano eccome.

Come per molte cose, da un’iniziale generalizzazione che può derivare da una prima impressione superficiale, si passa a rendersi conto che ogni persona, a prescindere dalla nazionalità, fa caso a sé, anche se ovviamente ci sono delle tendenze comuni di comportamento dettate dal contesto. Quindi, andate in Giappone imparando qualche frase utile in Giapponese, ma non lasciate che il timore di non riuscire a comunicare in una qualche lingua veicolare possa rovinarvi parte del viaggio. E non date troppo per scontato che l’Inglese venga parlato da tutti e sia presente in ogni luogo. Andrà tutto comunque benissimo!