La casa del nespolo

La casa del nespolo, di Sonoko Machida, è una delle mie recenti letture giapponesi, che mi ha accompagnata nel weekend appena trascorso. Si tratta di un’opera composta da cinque racconti concatenati tra loro, accomunati dal luogo in cui si svolgono le vicende, ovvero una casa con un albero di nespolo nel giardino, in un quartiere residenziale di Yokohama, Utsukushigaoka, descritto come un po’ isolato rispetto al centro, cui è collegato solo da alcuni autobus, e che compensa il suo essere una sorta di “isola sperduta sulla terraferma” grazie alla presenza di scuole, doposcuola e parchi.

In ogni racconto leggiamo della storia di chi per un motivo o per l’altro si trova a vivere in questa casa: il primo racconto tratta del periodo temporale più recente, e con i successivi si risale indietro nel tempo, per poi racchiudere il tutto nuovamente tornando alla conclusione delle vicende del primo racconto. In ogni racconto inoltre vi sono dei particolari la cui origine si spiega nel racconto successivo, perché si tratta di qualcosa che aveva a che fare con gli inquilini precedenti. Ho trovato tale espediente narrativo molto interessante nello spingere alla lettura del racconto successivo, per scoprire di ogni cosa un po’ strana e inspiegabile l’origine, e di cosa si trattasse davvero.

Lo stile è scorrevolissimo e piacevole, se dovessi descriverlo con una sensazione direi che è soffice, nonostante si trattino tematiche molto complesse. Il nucleo principale che accomuna i racconti, oltre alla casa e all’albero che ne caratterizza il giardino, è la ricerca della propria felicità. Tutte le persone che si trovano a vivere nella casa del nespolo attraversano un periodo difficile, sentono con gradi e motivazioni diverse che la loro vita non ha preso la direzione che speravano prendesse, come se tutto fosse andato a rotoli e come se in fondo quella sorta di infelicità che li pervade la meritassero per via delle loro presunte incapacità o difetti di carattere. Sentono di aver fallito, di aver imboccato strade sbagliate.

Si tratta di storie famigliari, in cui vengono descritte le dinamiche della vita di coppia e dei rapporti tra genitori e figli, cogliendone soprattutto le complessità che spesso si faticano ad ammettere o ad accettare. Famiglie patinate da pubblicità qui non ce ne sono. Ci sono persone di tutte le età che crescono, cambiano, sbagliano, riprovano. Persone che non riescono a perdonarsi, persone che credono di fare la cosa giusta e invece scoprono i propri egoismi, persone che hanno subito maltrattamenti, persone che cercano in tutti i modi di rimediare e comprendono di non poter sempre sistemare tutto.

Uno dei racconti, “La casa di chi aspetta la primavera”, che ha per protagoniste due donne ex compagne di scuola, di cui una madre di una bambina, che in attesa di poter risollevarsi dopo dei fallimenti personali vengono invitate da un’altra ex compagna di liceo ad alloggiare nella casa del nespolo di cui lei al momento non ha bisogno, mi ha commossa fino alle lacrime per la rabbia, per la pena, per le tematiche affrontate che hanno a che fare con il ruolo della donna nella società, con le apparenze, con il giudizio.

A ripercorrere con la mente tutte le questioni che vengono trattate in questo libro davvero mi viene da dire che c’è un campionario vastissimo delle relazioni umane, dei tormenti e delle scelte che comportano. Che possono essere condivisibili o meno, non è scopo dei racconti offrire degli esempi da seguire, bensì parlare di quello che può succedere a persone reali che vivono le problematiche del mondo reale, spesso duro e frustrante.  Di fondo viene mostrato quanto sia importante l’amore, come la sua mancanza o il non saperlo esprimere nel modo che tenga conto anche dell’altro possa influenzare intere vite.

La casa del nespolo ha fama di portare sfortuna, quando in realtà la presenza di tale albero dovrebbe essere ritenuta benefica, come sostiene l’anziana Nobuko, che risiede nei pressi della casa, una presenza benefica proprio come i frutti e le foglie di tale albero. Non è il luogo, non è la casa bella o brutta o sulla quale pesano dicerie, sono le persone a portare dentro di sé il seme della propria felicità, e che sole possono decidere di nutrirlo o di lasciarlo al buio.

La casa del nespolo, di Sonoko Machida, traduzione di Gala Maria Follaco, Giunti.