La mia versione dei ricordi

La mia versione dei ricordi è il titolo di una canzone di un cantante italiano che mi piace particolarmente, Francesco Gabbani. Lo prendo in prestito per parlare a ruota libera di varie riflessioni sorte in queste settimane di silenzio del blog.

Tocca riconoscere che è un periodo di forte stanchezza, persino pur non avendo apparentemente motivi per poter dire che ci sono cause per la stessa. Nel mio caso non posso dare dimostrazioni oggettive, con qualcosa di concreto che la giustifichi. Riconosco la stessa stanchezza negli altri, persino con manifestazioni più palesi rispetto alla mia, che cerco comunque di arginarla dedicandomi nel tempo libero solo a quanto mi piace e mi sento di fare in quel momento. Pare scontato, quest’ultimo atteggiamento, eppure in quante cose autoimposte e che in realtà non si vogliono fare vedo impegnata molta gente, persino durante quello che dovrebbe essere tempo libero.

C’è una tendenza generalizzata a vivere come se tutto fosse già ricordo di qualcosa da rimpiangere, ecco.

Sto perdendo il conto di quante persone sento dire, mentre stanno per andare in vacanza o a fare un viaggio, che tanto passerà subito e non ne resterà che il ricordo, che toccherà tornare così presto alla routine che nemmeno si saranno accorte di aver trascorso la bella esperienza che stanno per fare. Ma allora, che ne è dell’esperienza stessa, di te che la stai per vivere? In qualche modo l’hai scelta, stai dirigendo verso di essa i tuoi passi, non ti resta che provarne la realtà, assaporarla e poi custodirla con i suoi effetti benefici. Ma pare ci si sia dimenticato come fare, che si setacci già tutto sin dall’inizio lasciando solo quanto potrebbe essere avvilente e negativo, confrontando al proprio quotidiano che un po’ stanca quella vita che si vorrebbe ma si sa di non poter avere, anche perché in fondo è solo un’idea, un momento legato ad una situazione particolare, quale una vacanza.

Dall’altro lato, noto un forzarsi a cercare di mostrare che si sta vivendo il presente, che ci si sta godendo la vita, senza pensare al domani, perché di certezze non ne abbiamo più. Ma appunto, è un voler mostrare, prima di tutto a sé stessi, non un provare intimamente davvero quello che è vivere il presente con serenità e gratitudine. Riempirsi di oggetti, di ambienti e situazioni che possano trasmettere il messaggio che ci si levano tutti gli sfizi e si ha tutto quello che conta nella società per essere considerati di valore e trovarsi una collocazione nella stessa. Un documentare a beneficio unicamente altrui ogni istante dimenticandosi di sentirlo prima di tutto dentro di noi, di essere realmente presenti in quel momento. (Qui occorre un piccolo inciso, per non essere fraintesa, cosa alquanto facile di questi tempi con i testi scritti: non sto parlando di chi fa belle foto da condividere e racconta della propria esperienza, magari in un momento in cui questa è già trascorsa e ne tira le somme, ma di chi trascorre buona parte del proprio tempo tipo a filmarsi in ogni situazione praticamente in presa diretta, tendenza che noto diventare sempre più frequente in modo preoccupante).

Non si percepisce quasi più la pura gioia, piuttosto un aggrapparsi a qualcosa mentre si sta in equilibrio su un baratro, un voler in qualche modo un risarcimento per quanto è accaduto, sta accadendo e si teme che accada, perché la felicità ci era stata promessa, ci è sempre stata insegnata come un diritto e come l’ideale stato costante dell’essere, e quindi pensiamo che non è giusto che appaia per noi sempre come qualcosa di sospeso, o che si sposti sempre un passo più in là. Non è giusto, pensiamo, che non sia mai perfetta e prolungata nel tempo. Dimentichiamo cosi che è propria questa sua natura temporanea e fragile a renderla davvero perfetta. Così come dimentichiamo spesso e facilmente quanto si sia privilegiati nell’avere modo anche solo di cercare di perseguirla.

Io tendo da sempre a ripercorrere molto il passato, a cullarmi di tanti ricordi. Si tratta della mia natura tendenzialmente malinconica, non sempre in senso negativo. Da sempre al mio presente sovrappongo spesso suggestioni del passato, di quanto è stato, cerco di enumerarmi nella mente i continui mutamenti di luoghi, di abitudini, di sensazioni ed esperienze.

Mi accorgo però che non è bene indugiare troppo in quello che è stato il passato. Certo, cose come i social non aiutano, con il loro riproporre quanto stavi facendo anni fa, funzione che mi riprometto sempre di non sfruttare e invece che finisco per guardare. A volte pensi che per fortuna un certo periodo l’hai passato, altre che stavi facendo cose più interessanti o piacevoli.

Soprattutto in questi anni, mi dico che devo mantenere a tutti i cosi la realtà della mia “versione dei ricordi”, perché quello che si rischia è una fortissima sensazione di irrealtà sempre più emergente, sempre più pronta a prendere il posto delle esperienze che hai avuto. Mascherata dalla bellezza della possibilità di maggiore condivisione, da autenticità presentata a puntino, finisce spesso per mescolarsi alla realtà, persino alla realtà che tu hai conosciuto, ai ricordi che appunto richiami quando pensi ad un luogo, a persone, a odori e sapori e atmosfere.

Se non si sta attenti, questa irrealtà che talvolta mira ad altro – a noi come consumatori anche di emozioni preconfezionate, soprattutto – potrebbe prendere il posto, appunto, dei propri ricordi, di quanto il cuore e l’animo sanno essere stato. Si rischia davvero di trovarsi non tanto un passato fatto di falsi ricordi per fingere umanità, come accade ai replicanti che non sanno di esserlo in qualche distopia fantascientifica, ma di vedere poco a poco anche il proprio presente sostituito da esperienze e ricordi già pronti, tutti uguali tra loro, certi che invece si tratti della realtà che si desiderava vivere. Si rischia di cominciare a vivere attraverso l’irrealtà, senza vedere e sentire davvero.

In tutto questo panorama che dalle mie parole e impressioni potrebbe sembrare desolante, ci sono sempre invece le persone che si distaccano da tutto questo, e che con le loro parole e il loro atteggiamento, mi ricordano che c’è speranza.

Uno sfogo, questo, più che un articolo, che forse in parte fa anche comprendere meglio quella stanchezza di cui parlavo all’inizio. Sono anni altalenanti, questi, difficili e complessi per tutti, ma sta a noi decidere come reagire, anche se sentiamo di non averne le forze o la voglia. Io desidero che “sia vera a tutti i costi/la mia versione dei ricordi”, come canta appunto Gabbani. E per provare a continuare a custodire il passato, vivere il presente e sognare – più che temere – il futuro, non posso far altro che cercare di difendere la realtà.