Libri coccola giapponesi. Immagino che più di qualche persona tra voi avrà sentito utilizzare tali parole per descrivere un certo genere di libri che negli ultimi anni hanno visto aumentare la loro presenza sugli scaffali delle librerie. Cosa intendo con libri coccola giapponesi? Si tratta di tutti quei libri che hanno come scopo principale quello di rasserenare il lettore, con storie nelle quali la ricerca della felicità e tranquillità assume un ruolo primario. Libri coccola giapponesi, appunto, perché dolci e gradevoli come una coccola, che magari giungono nel momento giusto per la persona che si trova a leggerli, e che sono ambientati in luoghi dove per definizione si ricerca una pausa e un qualche genere di conforto, come appunto caffetterie, librerie, ristorantini intimi. Se c’è anche un gatto poi ancora meglio, diciamo che si uniscono due generi – perché il filone dei gatti fa altro genere letterario a sé.
Da frequentatore abituale di librerie non è possibile ignorare quanto si siano diffusi questo genere di libri: li si riconosce subito dalle copertine pastello, con illustrazioni dalle linee morbide e rilassanti, dove solitamente una qualche donna o ragazza siede da qualche parte con un libro o qualche bevanda o dolce in mano, con un micio messo lì a curiosare (anche se poi magari nel libro in sé di gatti non ce ne sono) e qualche fiore di ciliegio o pietanza tipicamente giapponese raffigurata. Quasi un biglietto da visita, queste copertine che talvolta si fatica un po’ a distinguere, una divisa che identifica i libri coccola giapponesi, che li rende al tempo stesso immediatamente individuabili da chi li ama e rapidamente scartati da chi invece non ne vuole nemmeno sentire parlare.
Cosa ne penso io dei libri coccola giapponesi ambientati in caffetterie magiche, ristoranti dove si scambiano confessioni e si ritrova sé stessi insieme al cibo, librerie colme di tesori e di illuminazioni sulla propria vita? Come per moltissime altre cose al di fuori della letteratura, non è possibile fare di tutta l’erba un fascio. Non posso dire in assoluto che non apprezzo il genere, perché spesso mi sono trovata a leggere libri che dalla copertina sembravano l’ennesima variazione su tema e invece si rivelavano molti diversi dalle aspettative.
In generale tutti questi libri coccola giapponesi sono una cornice per raccontare le storie di diverse persone, gli avventori o clienti di turno, quindi se i luoghi in cui sono ambientati possono assomigliarsi tra loro e dare la sensazione del “già visto”, di fatto poi le storie in sé tendono ad essere molto varie. Ci si può imbattere nella storia che piace come in quella che non piace, non c’è una regola fissa. Tra l’altro, si tende a pensare a tale fenomeno della diffusione dei libri coccola giapponesi come fosse qualcosa di recente, mentre personalmente io lo farei risalire già ai romanzi di Banana Yoshimoto. Le atmosfere di fondo, le tematiche che hanno a che fare soprattutto i modi in cui le persone affrontano perdite o situazioni difficili, i sentimenti che si provano in determinate circostanze e il conforto che è intenzione dello scrittore trasmettere credo siano gli stessi. Che poi le vicende si svolgano in un caffè magico con regole precise da seguire, in un ristorante che si riesce a trovare solo per passaparola dove ritrovi i tuoi ricordi e sapori perduti, o in una libreria dove ricostruire pian piano la propria identità, è una scelta dovuta allo stile o alle esperienze dell’autore e al desiderio di raccontare quel preciso ambiente e i personaggi che lo vivono.
Sento spesso denigrare con una certa convinzione questi libri coccola giapponesi, considerandoli a prescindere letteratura di scarsa qualità, troppo leggera e superficiale, che cavalca l’idea di un Giappone edulcorato, fomentando i luoghi comuni positivi su tale paese che in tal modo viene sempre più “commercializzato” come terra magica dove tutti i problemi esistenziali si risolvono grazie a una particolare propensione, quasi emanata dal luogo stesso, ad affrontare la vita con una certa filosofia.
Non è proprio così, a mio parere.
Che si tratti di letteratura meno “impegnata” rispetto ad altri autori giapponesi giudicati universalmente maestri, per cui sia linguaggio che scorrevolezza si presentino molto diversi e più alla portata anche di un lettore occasionale, è vero. Che spesso molti argomenti non ricevano grande approfondimento ma vengano solo sfiorati o risolti nella narrazione talvolta in modi piuttosto superficiali è altra cosa che accade – ma non in tutti i romanzi di questo genere. Che ci siano sempre caffè, librerie, ristoranti, negozietti vari, angolini autentici di vita pittoresca è vero, ma fa parte dello sfondo narrativo tipico del genere, quello o piace o non piace.
Tuttavia, non darei così per scontato che sia facile scrivere anche questo genere di libri. I risultati variano da scrittore a scrittore, come è naturale che sia. Alcune tematiche molto dure e complesse di cui comunque questi romanzi si occupano, perché oggettivamente sono una finestra sulle varie fasi della vita, sulla società contemporanea – non solo giapponese – e sulle ferite di ognuno dei personaggi che animano le storie, non sono per niente facili da restituire ad un lettore senza pesare sull’animo, lasciando una sensazione di conforto e di serenità anche se magari un po’ venata di tristezza e malinconica accettazione.
Anche risultare semplici e gradevoli nella scrittura è un’abilità, arrivare a molti non è sempre sintomo di banalità, ma di capacità di toccare certe corde presenti nell’animo di ciascuno.
Come lettrice io spazio tra molti generi, con le mie preferenze, certo, ma talvolta sento anch’io il bisogno di questi libri coccola giapponesi, perché riescono a donarmi esattamente quello che cerco prendendone in mano uno. Anche solo il puro piacere di leggere delle parole che scorrono lievi come acqua, durante un periodo in cui la mente ha bisogno di leggerezza.
In loro nella maggior parte dei casi ritrovo non un Giappone finto a misura del turista o del nippofilo dell’ultimo secondo pronto a fraintendere ogni aspetto della cultura giapponese a suo uso e consumo, non storie sdolcinate e tutte uguali, ma il racconto di momenti particolari della vita di altri esseri umani, ambientate e radicate nel contesto di un paese che amo, raccontate con gentilezza, senza risparmiare la tristezza ma facendo anche intravedere la speranza e il lato magico e bello che si può ricercare nella quotidianità di ognuno, ovunque si trovi nel mondo.