Matsumoto Seichō

Matsumoto Seichō (1909 – 1992) è stato un prolifico scrittore di gialli, tanto da essere definito spesso il “Simenon giapponese”. Ultimamente stanno venendo pubblicate o ripubblicate diverse tra le sue molte opere, e le sue storie stanno godendo di parecchio apprezzamento tra gli appassionati di Giappone.

Qui vi parlo delle mie impressioni circa i suoi libri, che anch’io mi sono messa a seguire, sempre lieta di una nuova uscita che riguardi un suo testo. Con una naturalezza che mi ha stupita, è diventato uno degli autori che leggo più volentieri, uno di quelli che, non appena hai acquistato il libro, devi metterti a leggere subito, e le cui parole scorrono regalandoti quel piacere della lettura e dello svolgersi delle storie che ogni lettore si augura.

Giusto per far capire quanto lo apprezzi, sottolineo che ho sempre avuto un rapporto un po’ particolare con i libri gialli: tendenzialmente è un genere che non sento nelle mie corde, almeno, così pensavo prima di tornare a leggerli proprio grazie a questo autore giapponese. Questa mia tendenza a volerli evitare è legata ad un bel po’ di tempo fa, quando alle medie frequentavo la biblioteca della mia città, all’epoca un ambiente molto intimo di poco più di un paio di stanze, e dove la maggior parte dei libri per ragazzi erano dei Giallo Junior. Io che leggevo moltissimo li prendevo in prestito – e molti mi piacevano anche -, anche se preferivo altri generi, come il fantastico o le storie al femminile, di cui c’erano però meno titoli disponibili tra gli scaffali. Le bibliotecarie, vedendomi prendere tendenzialmente quello che c’era, si convinsero che fossi appassionata di gialli, tanto che un giorno mi dissero tutte contente “Abbiamo preso dei nuovi libri per la biblioteca e visto che ti piacciono tanto i gialli ne abbiamo scelti un bel po’”. Sipario sui gialli per me dopo l’indigestione fattane alla tenera età di dodici anni. Anche se tra i Giallo Junior c’erano titoli splendidi e che vanno oltre le classificazioni in un genere, come “Ricordati di me” di Christopher Pike, dove il fantasma di una ragazza indaga sulla propria morte.

Ovviamente nel corso degli anni poi qualche giallo l’ho letto, ma non sono più andata a cercarmeli, diciamo. Fino a Matsumoto Seichō. I suoi romanzi mi hanno portata a rivalutare un intero genere, e a riscoprirne tutti i pregi e le caratteristiche salienti. Innanzitutto l’ambientazione, quel realismo che offre il ritratto di una società, quale che sia il periodo di cui l’autore vuole occuparsi, della sua quotidianità, dei suoi problemi che spesso sfociano appunto nell’evento eccezionale del delitto, come conseguenza di un disagio inespresso ma sotterraneo. Poi l’estrema importanza di una trama che regga: nel giallo non puoi sbagliare, la trama non può avere buchi, a prescindere da come racconti la vicenda, che si parta dal delitto già compiuto o che si seguano le varie fasi sino al climax. In qualsiasi modo lo scrittore voglia sparpagliare le tessere del puzzle, queste poi devono tornare a formare l’immagine completa.

Ma perché proprio Matsumoto Seichō, pur con tutti i bravi autori di gialli che ci sono? Soprattutto per la nostalgia, direi. Nei suoi romanzi mi immergo nelle atmosfere di anni che non ho vissuto, in alcuni luoghi che ho conosciuto durante i miei viaggi, ma che certo sono cambiati completamente rispetto a come li vedeva l’autore. Pare quasi di poter assistere ad una fase precedente dell’esistenza di quei luoghi, di osservarne il brulicare di vita delle persone che li hanno percorsi, e capirne così un po’ di più l’essenza, quanto li ha caratterizzati un tempo, vedendone gli strati di diversi decenni.

Al tempo stesso, non viene descritto un Giappone che possa risultare ostico o incomprensibile ad un lettore che non conosca nel dettaglio gli aspetti caratteristici di questo paese, e sinora non ho trovato storie che siano basate su concetti difficilmente condivisibili o comprensibili da un lettore occidentale, con il rischio di rendere – sempre per via dell’inevitabile diverso sguardo – il giallo o il perno su cui è basato non appassionante e un po’ debole, come mi è capitato invece con un altro autore di gialli giapponese.

Cover del romanzo “La ragazza del Kyushu”, Adelphi Editore

C’è in Matsumoto Seichō il dipingere con pochi tratti efficaci scenari che possono essere le vie silenziose di una cittadina, il buio di una strada che attraversa una zona deserta, così come i paesaggi naturali in tutta la loro bellezza e sottile senso di inquietudine, gli uffici nella grande città e gli ambienti raccolti delle case private. Ci sono i rapporti tra uomini e donne, la patina di incomunicabilità che talvolta scende a rendere le azioni e reazioni degli uni e delle altre un mistero, o qualcosa di totalmente inaspettato che rompe uno status quo. C’è l’indagine soprattutto di quello che il delitto causa all’interno dell’animo umano, sia che si tratti del tentativo di disvelarlo o di nasconderlo. E questi turbamenti vengono espressi attraverso le azioni dei personaggi, che modificano la loro quotidianità proprio in funzione dell’evento drammatico o irrisolto che ha incrociato le loro vite.

Il termine giusto per definire i libri di questo autore ritengo sia noir, definizione che viene loro data anche nelle quarte di copertina di alcune edizioni italiane. C’è di fondo un’atmosfera malinconica e con punte di decadenza, quella di una società che vive un momento in cui tutte le certezze e gli ideali di un periodo precedente, seppur riconoscibili e ancora parte integrante della mentalità comune, sono messe in discussione dal nuovo che avanza, da quella ricostruzione che nel velocizzarsi trascura tuttavia alcune zone di macerie ancora lasciate lì, nell’indifferenza che vorrebbe forse augurarsi spariscano da sole. Il chiaroscuro predomina, le apparenze, soprattutto nelle persone, sono spesso solo un involucro esterno che cela complessità e oscurità. La verità è pronta a ribaltarsi e a mostrare eventi che paiono chiari sotto tutt’altra prospettiva. E chi si ritiene vittima, o magari teme di perdere qualcosa a cui tiene per via delle conseguenze della verità, può benissimo trasformarsi in carnefice.

Ma quali sono i libri di questo autore che ho letto e che sinora ho trovato disponibili? Eccoli qui, ve ne faccio una rapida carrellata:

  • Agenzia A, traduzione di Laura Testaverde, Giallo Mondadori

Questo è il mio preferito. Una donna indaga sulla vita del marito, scomparso poco dopo il viaggio di nozze. L’uomo avrebbe dovuto trascorrere solo un breve periodo a Kanazawa, per formare un collega, ma non ritorna più a Tokyo dalla moglie, che si rende conto di sapere pochissimo della persona che ha appena sposato. La donna traccia pian piano il quadro della vita del marito di cui è stata per poco moglie, con l’aiuto del collega che l’uomo avrebbe dovuto formare. Malinconico, con una protagonista molto ben delineata nella sua tenacia e sensibilità.

  • Come sabbia tra le dita, traduzione dal francese di Mario Morelli, Giallo Mondadori

Il corpo senza vita di un uomo sfigurato al punto di essere irriconoscibile viene ritrovato sui binari di una stazione di Tokyo. Un ispettore continua a ricercare la verità, nonostante mesi e mesi di lunghe indagini infruttuose, sino a cogliere una rete di connessioni tra quel delitto e altre morti che avvengono successivamente.

  • La donna che scriveva haiku e altre storie, traduzione di Maria Carla Dallavalle, Giallo Mondadori

Una raccolta di racconti con diversi protagonisti, che offrono un campionario delle tematiche e dello stile dell’autore: la ricerca delle motivazioni dell’azione delittuosa, l’ansia di essere scoperti per un delitto commesso, le apparenze che non farebbero mai pensare a certi aspetti della vita di una persona, la quotidianità scossa dall’imprevisto dell’incontro con il delitto e il coinvolgimento nelle indagini.

  • Tokyo Express, traduzione di Gala Maria Follaco, Adelphi

Nella baia di Hakata vengono ritrovati i corpi di un uomo e una donna. Tutti gli indizi fanno pensare al classico doppio suicido d’amore, ma ci sono troppi aspetti che non convincono i due investigatori che si occupano della vicenda. Un’indagine che si svolge tutta tramite una serie di ragionamenti e incroci di orari dei treni, cercando il dettaglio di una manciata di minuti che possono far luce su quanto realmente è accaduto.

  • La ragazza del Kyushu, traduzione di Gala Maria Follaco, Adelphi

Una giovane donna, arrivata dal Kyushu sino a Tokyo, si presenta da un famoso avvocato per chiedergli di occuparsi del caso del fratello, secondo lei accusato ingiustamente di omicidio. L’avvocato non vuole occuparsi del caso, e il fratello della ragazza, condannato, morirà in carcere poco prima dell’esecuzione. Di qui prende il via una vicenda in cui si mescolano senso di colpa, vendetta e ricerca della verità.

  • Un posto tranquillo, traduzione di Gala Maria Follaco, Adelphi

Un altro tra i miei preferiti. Un imprenditore, mentre si trova a Kobe per una cena di lavoro, apprende della morte per infarto della giovane moglie, rimasta a casa a Tokyo. La donna era malata di cuore, tuttavia a non dare pace al marito sono le circostanze in cui la morte è avvenuta, che farebbero pensare che la moglie dovesse incontrarsi con qualcuno. Ansia, desiderio di vendetta, timore per le apparenze che si vogliono conservare, la rovina che arriva proprio per l’incapacità di contenere tali emozioni.

  • Il dubbio, traduzione di Gala Maria Follaco, Adelphi

Una donna dal passato discutibile e dal carattere violento viene accusata di aver ucciso il marito, vedovo più anziano di lei e dall’ingente patrimonio. Lei continua a dirsi innocente, anche se la stampa ne ha dipinto un quadro che non fa altro che sottolineare come ella possa essere la colpevole perfetta. Il giornalista suo principale detrattore comincia a temere che possa venire scoperta un’altra verità, e che questa verità possa danneggiarlo dopo il suo essersi così esposto contro la presunta colpevole.

  • Il passo di Amagi, traduzione di Gala Maria Follaco, Adelphi Microgrammi

Racconto molto breve, in cui un ragazzino tenta una fuga da casa, attraversando desolate e inquietanti strade di montagna. Durante il suo tentativo, destinato a fallire quasi subito, incontra un’affascinante donna e un uomo sospetto. Si consumerà un delitto, ma chi sarà il colpevole? Racconto dalle atmosfere sognanti, con suggestioni da “La danzatrice di Izu” di Kawabata Yasunari, che viene citato proprio all’apertura della storia.

Come sempre, spero possa esserci qualcuno di questi romanzi che colpisca la vostra curiosità e possa offrirvi un’esperienza di lettura piacevole. Vi ho indicato i miei due preferiti, ma tutti sono piacevoli e scorrevoli. Vi consiglio quindi di leggere questo autore che mi ha fatto rivalutare un’intera categoria di libri, permettendomi di scoprire così sempre nuove storie e nuovi autori.