Quando torni in Giappone? Allora, a quando il tuo prossimo viaggio in Giappone? Ma in Giappone ci torni? Dov’è che andrai stavolta, quando tornerai in Giappone? Ancora in Giappone le prossime vacanze?
Capita sempre più spesso che diverse persone mi facciano questa domanda. Mi veniva posta anche gli anni scorsi, in corrispondenza dei periodi di vacanza, e a quel punto spiegavo a chi non lo sapesse come il paese fosse temporaneamente chiuso ai viaggi per turismo, e quindi non fosse possibile recarvisi per una vacanza.
Adesso però la riapertura al turismo pare imminente, dal 10 giugno il Giappone dovrebbe ripartire con il turismo: con molte condizioni e con numeri limitati, ma riapre. Solo per gruppi organizzati, con itinerari stabiliti, con norme e raccomandazioni apposite da far rispettare. Non ne ho parlato perché la notizia è comparsa un po’ ovunque, ho trovato inutile aggiungermi a quanto già detto. Si tratterà – si spera – di un momento di transizione che dovrebbe poi portare al ritorno alla normalità.
Non sono riuscita a gioire per la notizia della riapertura, soprattutto perché per ora non si tratta di un tipo di viaggio che farei. Sono abituata ad avere una certa libertà di movimento, e del Giappone amo visitare anche i posti che non sono mete così frequentate. Non penso affatto che i viaggi organizzati siano il male – ricordo che il mio primo viaggio in Giappone era un tour organizzato, dove però volendo ci si poteva benissimo muovere per conto proprio – ma al momento mi sento di dire, anche con un pochino di risentimento che non riesco a trattenere, una sorta di “no grazie, a queste condizioni particolari preferisco non venire, per ora”. Sempre opinione unicamente personale, mi preme sottolinearlo.
Nonostante un paese abbia tutti i diritti di gestire quella che è ed è stata un’emergenza sanitaria nel modo che ritiene, e nonostante io sia la prima a rispettare ogni misura e raccomandazione.
Quindi, aspetto ancora. Questi ultimi anni poi mi hanno insegnato a non fare programmi particolari, a non dare per scontato niente. Perché la situazione generale – e non solo le tue vicende personali, che comunque hanno peso e sono mutevoli – può cambiare da un momento all’altro, e non c’è niente che sia troppo strano e che quindi possa ritenersi improbabile o imprevedibile. La realtà dimostra continuamente di avere pochissimo da invidiare all’immaginazione. Non si tratta di aver perso in generale la speranza, ma di aver imparato a convivere con la disillusione, che ti porta ad essere già contenta di poter proteggere e vivere con tranquillità quanto hai intorno a te.
Ovviamente il Giappone mi manca ogni giorno, e non vedo l’ora di tornarci. Tra poco Facebook inizierà a propormi i ricordi dell’ultimo viaggio, fatto nel giugno di tre anni fa, che credo eviterò di guardare. Ma non faccio pronostici, non voglio nemmeno mettermi a pensare a possibili date. La piccola lacrima di commozione l’ho fatta, quando ho letto la primissima notizia circa la semplice intenzione di cominciare a parlare di riapertura al turismo, qualche settimana fa. Poi però ho scosso la testa nell’approfondire di cosa si trattasse.
Non mi dimostro poco entusiasta per le modalità di riapertura perché voglio sottolineare che sono una viaggiatrice che esplora luoghi autentici fuori dal tracciato dell’industria turistica. Non so se sono turista o viaggiatrice, sinceramente la distinzione non mi interessa e penso non abbia tutta quell’importanza che gli si vuole attribuire per sentirsi migliori di altri o più degni di godere delle bellezze di un posto. So che desidero tornare in quel luogo che amo, e che insieme al paese in cui sono nata e vivo è parte del mio cuore.
Così scrive Cees Nooteboom a proposito di Venezia, e della prima volta in cui vi arrivò:
(…) da questo momento arriverò qui e ripartirò, la città mi attirerà e mi respingerà, avrò indirizzi sempre diversi, continuerò a scriverne e a leggerne, la città diverrà parte della mia vita mentre io non sarò mai parte della sua, vagherò come un granello di polvere attraverso la sua storia, mi divorerà come ha sempre ingoiato gli amanti e gli ammiratori che nel corso dei secoli si sono prosternati ai suoi piedi (…)
Cees Nooteboom “Venezia – Il leone, la città e l’acqua – traduzione di Fulvio Ferrari, Iperborea, p. 8
E ancora:
(…) Sei rimasto sulla riva della Laguna, il movimento sempre mutevole dell’acqua ti è penetrato nell’anima, non te ne libererai mai più, mentre la città e l’acqua andranno avanti senza di te, la tua ombra è svanita tra le piazze, i ponti, le chiese e i palazzi, sono stati loro a scrivere le parole che credevi di avere scritto tu, e invece non eri che la fugace statua su un ponte o su una gondola, parte provvisoria di una città che da più di mille anni finge che il tempo non esista. (…)
Ibidem, p. 117
Ed ora basta perché questo libro è talmente bello che verrebbe voglia di citarne tantissimi altri passaggi.
Perché riporto parole su Venezia, quella che considero “casa mia”, parlando del Giappone e della riapertura al turismo? Perché Nooteboom esprime perfettamente come mi sento io quando vado in Giappone. Esprime anche quel senso di non poter mai in fondo essere davvero parte di un luogo che ami tanto, e in cui cerchi sempre di tornare, che già percepivo prima nei confronti del Giappone, e che proprio la sua prolungata chiusura al turismo mi ha reso chiarissima.
Insomma, tornerò in Giappone, quando i tempi saranno più sereni per tutti, quando non mi sentirò come un ospite che è arrivato in un momento che i padroni di casa forse ritengono ancora un po’ inopportuno, e che hanno dovuto comunque accogliere perché insisteva tanto.
Aspetto, con il rispetto e l’amore per questo paese non intaccato, ma semplicemente arricchito di ulteriori sfumature.