Treni nel cielo.
Anzi, treni che sfrecciano nel buio punteggiato di stelle dell’universo, incessantemente.
Come quel Galaxy Express 999 che è stata una delle primissime serie animate che io abbia mai visto, da bambina. Me ne stavo lì a guardarne le puntate incantata e piena di una nostalgica tristezza, che è quella dolce malinconia distintiva delle opere che avrei scoperto solo molti anni più tardi come nate dalla mente di Leiji Matsumoto.
Quando sono stata in Giappone, mi sono resa conto di come i treni siano parte fondamentale della vita quotidiana di questo paese. Non solo perché ogni giorno trasportano un numero impressionante di persone avanti ed indietro lungo le arterie delle grandi città, ma anche perché divengono il luogo stesso di una parte non trascurabile di tempo della giornata delle persone stesse.
I finestrini di questi vagoni che corrono lungo la città, magari lungo le sopraelevate che ho sempre trovato bellissime, inquadrano i volti di un oceano di umanità. E dietro ogni volto c’è una storia, che forse viene tenuta segreta nell’animo della persona stessa.
Hanno una loro personalità, i treni in Giappone. Colori e forme diverse, stazioni con le loro musiche caratteristiche. Ti introducono a dei contesti, cercano di fare forse compagnia a tutti quelli che li prendono ogni giorno, magari non facendo nemmeno più caso alle loro caratteristiche che invece al turista straniero appaiono così affascinanti, quasi di un altro mondo.
Treni che sembrano quasi aerei, come gli Shinkansen, con i loro nomi suggestivi. Sui quali sali stupito per tutto lo spazio che hai davanti alle gambe, per la pulizia estrema condotta con un’efficienza da balletto sincronizzato dal personale che si occupa di renderli confortevoli mentre sostano in stazione.
Treni piccolissimi in zone periferiche di città minuscole rispetto a Tokyo, dove l’aria condizionata consiste in un vero e proprio ventilatore di metallo appeso sul soffitto.
Ovunque, la serietà dei conducenti e dei capostazione, con la loro gestualità ipnotica, che pare accompagnare e carezzare i movimenti stessi del treno, riconoscere le carrozze, dare ancora più adito alla tua teoria che sì, davvero i treni in Giappone hanno una vita tutta loro. Non difficile da credere se si pensa che in questo paese vi sono storie che narrano che gli oggetti stessi, raggiunti innumerevoli anni, prendano vita. I treni non divengono certo centenari come gli tsukumogami, che sono appunto questi oggetti che l’età avanzata rende animati, ma forse vivono in parte, dentro le loro pareti di metallo, anche frammenti delle vite di coloro che ogni giorno salgono e si lasciano trasportare attraverso città e campagne. Forse ascoltano i sogni delle molte persone che si assopiscono, e i pensieri silenziosi di coloro che guardano un paesaggio visto migliaia di volte senza più vederlo davvero.
Dai convogli della Yamanote che gira in tondo nel cuore di Tokyo, al piccolo treno ad un solo vagone che passa attraverso vallate piene di verde, al candido Shinkansen dal nasone allungato che sfreccia veloce ovunque e ricama il paese collegandolo con i fili di un arazzo sempre più complesso, al bellissimo Enoden a Kamakura che sfiora giardini e ti rivela il mare.
Treni che si stagliano contro i cieli altissimi nelle campagne, o che ti fanno alzare lo sguardo mentre sferragliano sulle sopraelevate, e ti regalano quell’impressione unica di trovarti dentro una fantasia futuristica. E quei treni con i finestrini tutti illuminati, di notte, che scorgi lontani mentre tu, su un altro treno, stai raggiungendo la tua prossima tappa.
Ed è allora, mentre vedi correre quella fila di piccole luci dorate nel buio, dentro le quali scorgi magari una sagoma di viaggiatore, che per un attimo pensi che potresti star viaggiando anche tu nell’universo, sul Galaxy Express. E di star vivendo quella fantasia romantica e malinconica dove un treno “ti farà vedere l’universo”, come diceva la sigla italiana di una serie animata che hai amato tanto.