Quanti giorni per un viaggio in Giappone – Capitolo 2

Quanti giorni per un viaggio in Giappone? Benvenuti nel secondo capitolo de “I consigli empirici di Stanze Giapponesi”, la nuova categoria di articoli del blog, nata a Ferragosto, che si propone di chiacchierare un po’ circa tutti gli aspetti di un viaggio in Giappone, in base alle mie esperienze ed impressioni dopo sette viaggi – e con la prospettiva di prossimi viaggi.

Abbiamo visto nel capitolo 1 le motivazioni che potrebbero spingere ad un viaggio in Giappone, e come siano esse stesse parte fondamentale del viaggio. Ora passiamo ad un altro aspetto più pratico, ma che a mio parere non è affatto banale:

Quanti giorni per un viaggio in Giappone?

Quanti ne servono per vedere il più possibile e per dire di essersi fatti almeno un’idea del posto e di quanto ha da offrire?

Occorre precisare una cosa da tenere in considerazione quando si sta organizzando un viaggio, soprattutto il primo o il secondo viaggio: è impossibile vedere tutto. Sembra scontato, ma l’entusiasmo e la voglia di fare esperienza di tutti quei luoghi meravigliosi che si sono visti nelle foto o nei video o di cui si è letto può portare a voler cercare di inserire in un ideale itinerario più cose possibili, riempiendo giornate di mille spostamenti e attività in modo da spuntare completamente una lista dei desideri mentale che invece, per forza di cose, resta sempre ideale.

Ci sono cose che dopo sette viaggi non ho ancora visto, alcune stupirebbero chi magari le ha viste già nel primo viaggio in Giappone perché si tratta di qualcosa di considerato “imperdibile”. Ecco un altro suggerimento: pensate a cosa è imperdibile per voi, a cosa rispecchia maggiormente i vostri gusti e le vostre inclinazioni, e a cosa effettivamente siete disposti o potete effettivamente fare per raggiungere certe mete per le quali potrebbe essere necessario modificare parte del viaggio, perché non sono in luoghi ben serviti dai mezzi o comunque portano via molto tempo per arrivarci.

Quindi, tornando alla domanda iniziale, quanti giorni per un viaggio in Giappone sono l’ideale?

Io direi che per un primo viaggio i canonici quindici giorni possono essere un buon punto di partenza.

Considerate che due giorni sono occupati dal volo aereo – occhio quindi a voli che magari costano un po’ meno ma che magari hanno scali con tempi di attesa lunghi, oltre le otto ore, che soprattutto per quanto riguarda l’andata vi potrebbero sottrarre facilmente anche una giornata intera in più.

Con quindici giorni a disposizione si riesce a fare tranquillamente il giro classico del Giappone, ovvero i punti principali di Tokyo, con alcune gite fuori porta a Kamakura, Nikko, Hakone, e Kyoto con i suoi luoghi simbolo, con visite ulteriori a Nara, Osaka, Hiroshima e Miyajima. Già questo itinerario presuppone che ci siano giorni in cui si è un po’ di corsa, con città o luoghi ai quali puoi dedicare solo una manciata di ore.

Di media tutti i miei viaggi sono durati due settimane circa, quello più lungo sinora è stato di diciassette giorni. Quello più corto è stato di una settimana, il mio terzo viaggio, durante la fioritura dei ciliegi, nel 2015. Ma lì è capitato per via di un’offerta incredibile che avevamo trovato con il prezzo del volo, che tra l’altro all’epoca era un volo diretto. In quel caso, eravamo rimasti sempre nella zona di Tokyo, con una giornata dedicata ad un’escursione organizzata sul Fuji-san. Avevamo inoltre inserito nei pochi giorni a disposizione anche un’esperienza di cerimonia del tè e una passeggiata nel parco di Ueno con poi piccolo giro in barca sul fiume Sumida. Non consiglio tuttavia viaggi di una settimana, sicuramente non un primo viaggio.

Mi è capitato di incontrare durante i viaggi persone che erano lì in Giappone da più di un mese, e che stavano facendo il giro completo del paese. Erano persone che si trovavano in un momento particolare della propria vita in cui si stavano prendendo una sorta di anno sabbatico, avevano quindi una certa libertà di gestione del proprio tempo. Credo debba essere un’esperienza molto interessante e importante, ma appunto, diversa rispetto alle possibilità che può avere un viaggiatore che sia un lavoratore dipendente. In merito al possibile desiderio di fare il giro più lungo possibile del paese, prevedendo un programma molto fitto di spostamenti e una permanenza piuttosto breve in ogni luogo, tre settimane o un mese credo potrebbero permettere di vedere molto.

Quanti giorni dedicare al viaggio dipende anche dalla stagione: d’estate, ad esempio, che normalmente è il periodo in cui si hanno a disposizione i giorni di ferie e momento quindi in cui è più probabile si viaggi, può accadere purtroppo che il troppo caldo costringa a rinunciare a certe attività, soprattutto se all’aperto. Le temperature sono come qui in Italia, ma ad essere proibitiva è l’umidità, ci sono giornate in cui pare di respirare acqua e sei già a bagnomaria dopo cinque minuti che sei uscito dall’alloggio. Inoltre, da giugno fino a fine agosto ci si può imbattere in piogge molto intense. Tutti questi fattori possono influire su quanto si aveva intenzione di fare in un determinato giorno. In inverno, invece, se si sceglie un altro periodo in cui tradizionalmente è probabile avere ferie, come le feste natalizie e il Capodanno, bisogna programmare bene le giornate per le eventuali visite a luoghi che potrebbero essere chiusi anche per più giorni di seguito per le festività del Capodanno – molto importante in Giappone – per non rischiare di arrivare in un posto per vedere un museo o un castello e non poterlo visitare. Anche altre attività, come ad esempio un’eventuale salita al Fuji-san o le visite a certe località montane, potrebbero essere soggette a limitazioni per via delle tipiche condizioni metereologiche invernali, come la presenza di neve.

Insomma, si potrebbe pensare che i periodi ideali siano primavera e autunno. Ripensando alle mie esperienze sinora, devo convenire che sì, forse si tratta dei periodi migliori, soprattutto l’autunno. Poi, di fatto, io in Giappone cerco di andarci quando posso, quando le circostanze della mia vita privata e lavorativa me lo permettono. Ed è vero anche il fatto che il Giappone sia splendido in ogni stagione, perché ognuna di esse ha le sue particolarità che vengono celebrate e curate dai suoi abitanti, particolarità e bellezze che vengono fatte vivere ed apprezzare anche a chi vi si trova come ospite.

C’è un altro fattore di cui tenere conto per quanto riguarda la durata del viaggio: la stanchezza effettiva. Io parlo da persona un po’ pigra, che fa un lavoro sedentario e ha hobby sedentari, e che non fa sport, non abituata a macinare migliaia di passi quotidianamente – descrivo una verità oggettiva che mi riguarda, e che magari può essere utile a qualcuno per tenermi come metro di paragone.

Me ne sono resa conto durante alcuni degli ultimi viaggi – sempre d’estate tendenzialmente – ma dopo una decina di giorni fitti di spostamenti e visite ininterrotte a luoghi vari, arriva quella che ironicamente chiamo “la tranvata“, ovvero la stanchezza che ti si riversa addosso tutta di colpo, e nemmeno la passione e l’entusiasmo per essere nel tuo luogo preferito riescono a tenerti su. L’età che avanza, potrebbe dirmi qualcuno – io sono del dicembre 1983, giusto per la cronaca. Beh, ironia o meno, è un altro fattore da tenere in considerazione, così come il fatto che ci sono anche lunghi periodi in cui può capitare di non essere al massimo delle proprie forze e dell’efficienza fisica, ma non per questo necessariamente si è costretti a rinunciare a fare quello che si ama fare, soprattutto se vi sono i modi per agevolare la comodità ad esempio degli spostamenti. Non è una sconfitta venire a patti con l’oggettivo avere bisogno di momenti in cui semplicemente non fai niente, anche durante una vacanza per la quale hai pagato. E magari puoi decidere addirittura di tornare in hotel e farti una dormita di qualche ora, perché senti che il tuo corpo non ce la fa, e pensi che quindi sia meglio fermarsi un po’ piuttosto che insistere e rischiare di rovinarsi magari tutto il resto della giornata. Anche questi momenti di pausa completa vanno tenuti da conto, secondo me, nel totale dei giorni effettivi.

Ci tenevo a parlare anche di questo aspetto della stanchezza e di come influisca sul viaggio e sui giorni effettivi che si tendono a considerare “goduti al massimo”, perché spesso si tende ad evitare il discorso, a dare per scontato che nessuno abbia problemi per quanto riguarda lo spremere le proprie forze o macinare chilometri o salite, e pare quasi che sia una sorta di difetto o colpa dovuta alla scarsa volontà. Non lo è. Siamo esseri umani, non macchine, ognuno con le proprie esigenze.