Non è un lavoro per ragazze

Non è un lavoro per ragazze, di Sakuraba Kazuki, è il secondo libro che leggo di questa autrice, dopo Red Girls, letto un po’ di anni fa, saga famigliare al femminile non scontata che mi era già allora piaciuta. Non è un lavoro per ragazze, suo romanzo del 2005, racconta del periodo sospeso dell’adolescenza, nello specifico degli anni delle medie, di segreti da mantenere sino a sentirsi rodere l’animo, di quotidianità in cui fa irruzione ciò che dovrebbe restare inattuabile, confinato al solo momento di rabbia o di sensazione di impotenza.

Aoi ha tredici anni e vive in un’isola nella prefettura di Yamaguchi, collegata alla terraferma solo da un lungo ponte che conduce sino alla città più vicina, Shimonoseki. La vita sull’isola, la cui attività principale che impegna tutti i suoi abitanti è la pesca e la lavorazione del pescato, appare trascinarsi in modo tranquillo e un po’ noioso. Aoi frequenta le medie, è una ragazza che nel gruppo di amiche della scuola ha il ruolo di quella che sa far ridere con le sue trovate, ha un amico d’infanzia con il quale condivide la passione per i videogiochi e che forse potrebbe diventare qualcosa di più, se non fosse che è uno tra i più carini della scuola, conteso da altre ragazze. In casa Aoi deve subire la frustrazione di una madre vedova il cui nuovo compagno è un pescatore rimasto senza lavoro per via di un incidente, e che, divenuto alcolizzato e collerico, spesso e volentieri maltratta la figliastra.

Nella vita di Aoi durante le vacanze estive comincia ad avere un ruolo fondamentale una delle ragazze della sua classe, Shizuka, sino a quel momento un tipo anonimo, al di fuori della cerchia delle sue amicizie, della quale Aoi scopre un lato inaspettato, inquietante e misterioso. Sarà con lei che Aoi dovrà condividere il segreto della morte del patrigno, e sempre con lei Aoi dovrà contrarre un debito, in quanto le viene chiesto di ricambiare il silenzio su come davvero sia morto il patrigno aiutando la stessa Shizuka ad uccidere un’altra persona, quando se ne presenterà la necessità.

Non è un lavoro per ragazze è un romanzo breve, scorre con la piacevolezza di lettura di quelle opere che ti dispiace quasi di finire troppo presto. Nelle atmosfere nostalgiche dei giorni dell’adolescenza, si svolgono le dinamiche tra compagni di scuola ed amici, i pensieri e i turbamenti tipici dell’adolescenza, come le problematiche nel rapportarsi con gli altri, L’ambientazione delimitata e conchiusa dell’isola, con i suoi paesaggi naturali, rende tutto ancora più intimo, una dimensione ben lontana da quella che potrebbe essere la vita in una grande città. La città più vicina che le ragazze frequentano per divertirsi è comunque un piccolo centro a dimensione del tutto umana.

La morte per cui Aoi si sente responsabile piomba nella sua quotidianità già fatta di luci ed ombre con tutto il suo carico di angoscia e di rimorso impossibile da trattenere: confessare potrebbe essere una liberazione, sia dal senso di colpa divorante sia dal debito contratto con una persona che si riconosce essere tossica, ma cosa accadrebbe poi? E che fare se anche provando a vivere come nulla fosse tale debito venisse ricordato con forza, sostenuto dallo spettro di un pericolo che pare incombere sul creditore?

A provocare dolore e complessità da superare nella vita della protagonista è principalmente la situazione famigliare: una madre che accusa di continuo la figlia di averle rovinato una possibile vita che avrebbe voluto, di aver ostacolato i suoi sogni e di non aiutarla nella gestione di una routine che non riesce più a sostenere; un patrigno violento e oppressivo, la sensazione costante di non essere per niente capita e considerata da quegli adulti che dovrebbero proteggerla o esserle da esempio. Aoi alterna momenti sereni ed ilari al di fuori delle mura di casa, luogo in cui invece la ragazza solare si trasforma in una creatura spaventata e taciturna, a giornate del tutto cupe, dove ogni cosa pare precipitare.

La caratteristica che più mi ha colpita del romanzo è proprio la descrizione minuziosa delle sensazioni di Aoi, il suo saper renderla sempre coerente come personaggio pur nei suoi passaggi tra le emozioni più contrastanti, in quanto viene offerta la sua visione sul mondo che in effetti muta dinanzi a lei nelle sue sfaccettature, di fronte alle quali la ragazza deve reagire in qualche modo. Magari paralizzandosi e attendendo che la minaccia passi, come le capita spesso. O sfogando la propria rabbia e desiderio di far sentire la propria voce a dispetto di tutto e tutti, facendo qualcosa di inaspettato e un po’ folle. Si trattano, mostrandole attraverso le parole della narrazione della protagonista, le contraddizioni dell’adolescenza, i suoi lati più cupi e quelli più leggeri – eppure talvolta pesanti per chi vive quell’età e quel momento – e in questo modo viene espresso grande rispetto per il peso dei problemi e dei dolori che capitano ai giovanissimi così come agli adulti.

Non è un lavoro per ragazze è un romanzo nostalgico, realistico e surreale allo stesso tempo, che si legge velocemente ma resta ben impresso, lasciando addosso la sensazione di aver vissuto insieme alla protagonista i giorni ormai perduti dell’adolescenza.

Non è un lavoro per ragazze, di Sakuraba Kazuki, traduzione di Anna Specchio, edizioni e/o.