Quanto è importante per me è qualcosa di importante anche per tutti gli altri?
Me lo sto domandando in questi giorni, durante degli attacchi di nostalgia per il Giappone più o meno acuti. Vorrei precisare che questi momenti sono sempre stemperati da una profonda gratitudine per quanto considero un privilegio da non dare mai per scontato, ovvero l’aver vissuto certi luoghi. Questo mio ribadire la nostalgia fortissima, che pur c’è, inutile negarlo, vorrei che passasse sempre come incorniciato in una giusta prospettiva.
E visto che nel mio caso preferisco inscrivere piuttosto nell’ironia il discorso mancanza e nostalgia per questo paese, vi dico soltanto, giusto per farvi un po’ ridere circa come sono presa, che sto cominciando a trovare conforto in videogiochi ambientati in Giappone (per la cronaca, sto giocando a “Yakuza – Like a Dragon”), e che qualche sera fa mi è venuto un magone incredibile nel leggere un manga in cui una delle storie era ambientata presso il sito di epoca Jomon di Sannai Maruyama, vicino ad Aomori, uno dei luoghi che ho visitato nel mio viaggio più recente (sempre per la cronaca, era il secondo volume de “Gli strani casi del professor Munakata”, di Yukinobu Hoshino).
Tornando al quesito iniziale, una risposta me la sono già data: no, molto spesso quanto è importante per me, soprattutto per quanto riguarda aspetti della vita che non sono in fondo considerati e percepiti così fondamentali, non è importante per gli altri.
Me ne rendo conto quando ad esempio, con altre persone si parla di viaggi e qualcuno dice che gli piacerebbe visitare il Giappone, prima o poi, e che magari mi chiederà qualche consiglio. E a quel punto, quando scatta la domanda su quando penso di tornarci, scopro che c’è chi non sa nulla circa la chiusura prolungata ai turisti stranieri che prosegue al momento in Giappone, da quando è scoppiata la pandemia. Sul momento un po’ mi stupisco, poi mi pongo appunto la domanda: ma se io non fossi così amante di questo paese e di tutto quello che lo riguarda, saprei di questa circostanza – lasciando perdere il fatto del seguire o meno gli aggiornamenti in generale su quanto accade nel mondo su notiziari e giornali, altra cosa che non è così scontata per tutti? Certo, se dovessi organizzare un viaggio, anche senza sapere nulla del posto, incapperei prima o poi per forza di cose nell’informazione cruciale della chiusura, ma altrimenti?
Seguire le notizie che riguardano questo paese, scoprirne lati sempre nuovi, dedicargli del tempo ogni giorno, anche solo con il pensiero. Si chiama passione, può avere diversi livelli di profondità, ed è qualcosa di soggettivo e vario per ciascuno, credo. Io so poco nulla di altri paesi, di altre attività che per me non sono quindi qualcosa di importante. Per altri, a non essere importante può essere quello che piace a me.
Nel raccontare quindi – perché è sempre lì che poi si dirige la mia riflessione – di qualcosa che è molto importante per me, ma che per altri può essere soltanto qualcosa che sfiora la curiosità, di qualcosa di cui moltissimi parlano in toni anche molto diversi, per cui è spesso anche difficile farsi un’idea davvero veritiera oltre la cartolina, quanto è doveroso filtrare della propria soggettività e dei propri gusti, per non cadere nell’errore del dare per scontato che tutti carichino dello stesso valore quanto conta per te, e di offrire quindi una versione altrettanto sfalsata della realtà, apparendo esagerati o criticabili?
Circa questo filtrare, si tratta di “quanto”, e non del “se”, perché è impossibile raccontare senza un minimo di soggettività e di elaborazione attraverso il proprio essere, a meno che non si stia declamando una mera sequenza di dati o dando un’informazione che necessita di essere totalmente oggettiva. Chi ascolta un racconto inoltre immagino si aspetti che questo passi attraverso l’esperienza di chi lo sta narrando, e l’importanza che il narratore attribuisce ad un argomento permette di trasmettere tali esperienze anche a chi sino a quel momento non aveva dedicato chissà quali pensieri al contesto così apprezzato da chi lo racconta. Si percepisce se a chi sta parlando o scrivendo non importa in realtà granché di quanto sta raccontando, anche se magari ne sta parlando bene, per assurdo.
Se racconti di qualcosa, deve essere importante per te, anche se può non essere così importante per chi ascolta o legge. Attraverso l’importanza di cui si rivestono le cose, è possibile offrirsi a vicenda nuovi occhi e nuove visioni, anche se poi le proprie strade proseguiranno ognuna seguendo quanto la propria personalità e la propria esperienza ha scelto di preferire.
Si tratta di uno scambio continuo, delle tante sfaccettature della vita, la cui bellezza è anche complessità e varietà.