Letture di Agosto, appuntamento di fine estate per lo spazio dedicato al riepilogo delle letture mensili. Le letture di Agosto sono state tutte dedicate al Giappone, come già accaduto per il mese scorso. Diverse sono state recensite sui miei due profili social, man mano che le terminavo, quindi nel caso siate curiosi di saperne di più, vi invito a recuperarle passando a trovarmi lì 🙂
- Antologia della poesia giapponese. Vol. 1: Dai canti antichi allo splendore della poesia di corte (VIII-XII secolo), a cura di Edoardo Gerlini, Letteratura Universale Marsilio.
- Il ritorno del ronin, di Dale Furutani, traduzione di Eugenio Manuelli, Marcos y Marcos
- Il Giappone che non ti aspetti, a cura di Giapponizzati, Mondadori Electa
- Non dimenticare i fiori, di Genki Kawamura, traduzione di Anna Specchio, Einaudi
- Nipponia Nippon, di Abe Kazushige, traduzione di Gianluca Coci, edizioni E/O
- Come tanzaku dimenticati, di Valentina Sgambato, Sperling & Kupfer
- Lettere dal Giappone, di Rudyard Kipling, traduzione di Giulia Masperi, O Barra O Edizioni
- Pop. Come la cultura giapponese ha conquistato il mondo, di Matt Alt, traduzione di Simone Roberto, ADD Editore
- La cartoleria Tsubaki, di Ito Ogawa, traduzione di Gianluca Coci, Neri Pozza Editore
Qualche pensiero e considerazione sulle varie letture che non ho già recensito altrove.
La raccolta di poesia giapponese di Marsilio è un’opera interessante e impegnativa nelle sue intenzioni (questo è il primo volume, non dovrebbero ancora essere usciti dei volumi successivi). Trovo lodevole l’iniziativa di voler offrire una selezione di poesie rappresentative dell’oceano di raccolte che si sono susseguite nel corso della storia della poesia e letteratura del paese. L’antologia è ricca di saggi che introducono l’argomento in generale e di più brevi introduzioni specifiche circa ogni raccolta. Le poesie presentano il testo originale a fronte, dove possibile ho cercato di sforzarmi un po’ per provare a leggerle, con il mio giapponese di super base. Sono stata molto contenta di questa lettura che mi ha permesso di comprendere diverse cose sulla poesia giapponese dell’epoca trattata che non mi erano mai state del tutto chiare. Non è una lettura per svago, la consiglio a chi è già di suo interessato almeno un minimo all’argomento poesia giapponese e conosce almeno delle nozioni di base circa i periodi trattati.
Il romanzo di Dale Furutani, Il ritorno del ronin, è stato oggetto del mio entusiasmo non appena è stato annunciato, perché ho amato la trilogia risalente a diversi anni fa – l’ultimo libro qui in Italia era stato pubblicato nel 2009 – dedicata al ronin Matsuyama Kaze (Agguato all’incrocio, Vendetta al palazzo di Giada, A morte lo Shogun). A dirla tutta, Matsuyama Kaze è stato una delle mie “cotte” letterarie. Eppure, questo seguito che nemmeno speravo sarebbe mai esistito non l’ho letto subito appena uscito. Non so, forse avevo paura che finisse troppo in fretta, lo guardavo lì sul comodino e mi dicevo “aspetta, che poi te lo divori troppo velocemente”. Il finale del libro lascia sperare in un ulteriore seguito. E sì, anche dopo tutti questi anni ho sempre una predilezione per il protagonista. La scrittura e la storia scorrono in un modo tale da farti sentire trasportato avanti e avanti, un evento dopo l’altro, e giunto alla fine del libro senza quasi rendertene conto, vorresti ancora restare in quel mondo fatto di un Giappone post Sekigahara, pericoloso e affascinante.
Il Giappone che non ti aspetti è una guida sul Giappone a cura di Giapponizzati, i cui profili social seguo con piacere da diversi anni. L’ho trovata molto bella, sia esteticamente sia per i contenuti: non ci sono le nozioni su Giappone e le tappe classiche che mediamente ormai quasi tutti conoscono, si scoprono invece tanti aspetti interessanti e nuovi stimoli per luoghi e attività. Mi sono segnata un po’ di cose – quanto sono contenta quando scopro cose nuove da poter un giorno fare in Giappone – e ho apprezzato il tono scorrevole con cui tutto viene raccontato, pare quasi di star ascoltando degli amici che ne sanno e che condividono le proprie esperienze perché ci tengono che anche tu possa provarle.
Come tanzaku dimenticati è stata una lettura per me più impegnativa del previsto. Lo stile è bello ma molto carico, con una predilezione per descrizioni lunghe e densissime di particolari, che vengono indagati in ogni minima sfaccettatura di colore, consistenza, odore, suono, gusto. E lo stesso tipo di narrazione viene riservata alla trattazione di certi concetti per voce dei vari personaggi che il protagonista – un giovane giapponese che per propri problemi interiori irrisolti si è voluto convincere che quanto desidera sia diventare un manager di peso in un ditta prestigiosa – incontra durante il suo percorso di scoperta e riscoperta dei propri sogni e dell’amore. La storia di base mescola vita reale e incanto, ma si dilata tantissimo – forse a tratti sin troppo, nella mia opinione personale – diventando sia una sorta di suggerimento di itinerari stagionali in vari luoghi incantevoli e meno noti del Giappone, sia una guida motivazionale circa il seguire i propri desideri e talenti. L’autrice – che prima di quest’opera ha pubblicato in effetti una guida stagionale del Giappone, della quale è uscito il primo volume sull’autunno – conosce molto bene quello di cui racconta – luoghi, cultura, complessità del Giappone – e tale conoscenza e amore per il Giappone si sentono, cosa decisamente apprezzabile.
La raccolta di lettere di Rudyard Kipling l’ho trovata tutto sommato piacevole da leggere, perché lo stile dell’autore è bello, e si tratta di una raccolta di documenti importanti nel contesto delle testimonianze dell’epoca in cui era in svolgimento la costruzione moderna dei rapporti del Giappone con il resto del mondo e l’Occidente. Non mi è piaciuta talvolta il tipo di ironia dell’autore, o una certa apparente superficialità nell’accostarsi ad alcune tradizioni e luoghi, applicandovi un punto di vista di predilezione per l’indolenza e una posa da chi preferisce godere di altri piaceri più autentici o ne capisce di più rispetto alla “massa” di stranieri che in quel periodo stava scoprendo il Giappone, ma occorre mettere sempre il tutto in prospettiva con il periodo storico e con gli intenti spesso satirici o critici di Kipling.
Il libro di Matt Alt, Pop, l’ho letto sia per interesse verso l’argomento, dato che del lato pop del Giappone sono anch’io grande “consumatrice”, sia per curiosità visto che ho letto altri libri dell’autore, dedicati agli Yokai, agli Yurei e ai ninja. E’ un saggio interessante e che fa scoprire come siano nate molte abitudini, aspetti del tempo libero e persino modi di pensare che fanno parte della nostra vita quotidiana. Un trattato decisamente illuminante circa alcune dinamiche e fenomeni che si sviluppano in direzioni del tutto diverse rispetto alle loro intenzioni e significati originari. Sinceramente, pur conscia delle varie ondate di “mania” per il Giappone degli ultimi decenni, non avrei mai sospettato dei legami e strumentalizzazioni da parte di certe categorie sociali e politiche. Per quanto riguarda le reazioni alla cultura giapponese, tutto è rapportato agli Stati Uniti, patria dell’autore, diciamo che per noi lettori italiani è utile durante la lettura fare quel salto di ragionamento che cerca di localizzare nel tempo e nello spazio del nostro paese quello che è passato prima per gli Stati Uniti, che solitamente da noi arriva dopo un po’ con alcune caratteristiche diverse dovute al contesto. Consigliato se si vuole ragionare più a fondo sul “fenomeno Giappone”.
Questo è tutto per il mese che si conclude oggi, a risentirci con le letture che accompagneranno un altro dei miei “mesi degli inizi”, Settembre 🙂