Beviamo un altro bicchiere?

Beviamo un altro bicchiere è l’uscita più recente della collana Kimochi, di Rizzoli, che si propone di esplorare il vasto panorama della letteratura contemporanea giapponese attraverso narrazioni che pongano al centro i sentimenti e le relazioni tra persone, ma non solo, visto che le due uscite precedenti a quella di cui sto parlando si sono discostate dalla linea iniziale per provare ad esplorare generi un po’ diversi, come la narrativa di tensione e il romanzo storico (rispettivamente Dendera e Brucia, spada!)

Con Beviamo un altro bicchiere? la collana rientra sul filone degli inizi della collana, presentando una raccolta di racconti di autori vari, aventi come tema comune quello del bere. Questa tematica viene svolta in modi molto diversi tra uno scrittore e l’altro, sia per lunghezza dei racconti sia per il focus principale che talvolta dall’atto del bere e da quello che il consumo di alcolici può significare, finisce per divenire ritratto di vita quotidiana e di momenti di crescita e passaggio.

In Giappone il bere nell’immaginario spesso si associa al giro di bevute quasi obbligatorio dal punto di vista sociale cui devono partecipare i salaryman, gli impiegati che lavorano nelle aziende medio-grandi, serate successive al lavoro d’ufficio, all’insegna del bere, per dimostrare di partecipare alle dinamiche della propria azienda e per agevolare gli affari. L’alcol diviene infatti un modo per sciogliere tensioni e alleggerire il formalismo richiesto nella vita lavorativa, per vivere infine un’ulteriore dimensione della stessa. Tuttavia, come in ogni cultura, il bere ha molte sfaccettature, che vanno oltre le manifestazioni più appariscenti e che più si prestano ad eventuali critiche da estendersi a meccanismi sociali con cui si vorrebbe spiegare un’intera società.

Di seguito i racconti presenti e i loro autori, e qualche considerazione per ciascuno:

  • L’acquario d’inverno, di Kakuta Mitsuyo
    Un uomo e una donna uniti dall’apprezzare una bevuta in compagnia, esperienza che i rispettivi partner non capiscono, attraversano i vari anni della loro vita e della loro relazione clandestina. Il sentimento va smorzandosi, e la donna, protagonista che ci parla in prima persona, si rende conto di quella semplicità e entusiasmo perduti, durante una gita organizzata con l’uomo – sposato e con figli – di cui continua ad essere l’amante. Un’esperienza che dovrebbe servire a cercare quel briciolo di spensieratezza da ragazzi, mentre invece tutto sembra contribuire a sottolineare i fallimenti della propria vita e la stanchezza della loro relazione.
  • A quel dito, di Shimamoto Rio
    Un’infermiera, voce narrante del racconto, inizia una relazione con un uomo più grande di lei, artigiano della ceramica. L’uomo è stato suo ex paziente, e la donna l’ha incontrato nuovamente per caso, in un konbini, mentre stava acquistando una bevanda alcolica. Dalla proposta di bere insieme nasce una storia dove entrambi avanzano tra l’appartenenza a contesti molto diversi, e tra l’interrogarsi di lei circa i propri innegabili sentimenti e possibili altre storie ed opportunità, e il non voler forzare nulla da parte dell’uomo, rispettoso e incredulo delle intenzioni di una donna giovane e piacente come la protagonista di condividere la vita con uno come lui.
  • È quello il bello, di Moegara
    Un uomo trascorre una notte in una pensione con terme in cui era stato molti anni prima, da ragazzino, insieme al padre. In quell’occasione assaggiò per la prima volta la birra, trovandola amara e per nulla di suo gusto. Tra riflessioni sulle varie vicende della propria vita e malinconie, prova a ripetere l’esperienza.
  • Cinemascope, di Asakura Kasumi
    Una bimba, impossibilitata dal poter seguire il suo programma mattutino preferito perché deve uscire per andare all’asilo, inventa lo stratagemma di sbirciare nelle case altrui attraverso la fessura delle lettere tipica di tutte le abitazioni della zona, trovandone infine una da cui si vede un pezzetto di televisore sintonizzato sul programma. Durante le sue visite da una vicina vedova con il vizio del bere e che si dice passi da un uomo all’altro, scoprirà una verità inquietante.
  • Terra, mare, aria. Il viaggiatore ubriaco, di Roswell Hosoki
    Una breve guida, accompagnata anche da delle vignette, dove l’autore racconta dei momenti migliori per gustarsi gli alcolici sui vari mezzi che si scelgono per dei viaggi. Elogio della lentezza e del godere dell’alcolico sino alla soglia della vera e propria sbornia.
  • Incontro di valutazione dei Canarini, di Koshigaya Osamu
    L’autore, mentre sta lottando per cercare di scrivere qualcosa sull’argomento bere che gli è stato richiesto per l’antologia di racconti, si reca in un izakaya dove spera di trovare l’ispirazione osservando eventuali avventori. Finisce per ascoltare i discorsi di tre giovani, membri di una band di musica folk, che paiono essere in crisi. Da un apparente bere solo soft drink che scoraggia l’autore in quanto non si tratterebbe di una scena che potrebbe rientrare nel racconto per l’antologia, i ragazzi finiscono per bere dell’alcol, che li porta a dirsi quanto provano veramente nei confronti dell’attività del loro gruppo.
  • Il bizzarro sakè del Guizhou, di Koizumi Takeo
    Il racconto di uno studioso di fermentazione ed erede di una distilleria di sakè, in viaggio presso una fabbrica di distillati in Cina, sulle tracce di un distillato leggendario di cui sarebbero conservati alcuni orci, oltre che la documentazione relativa risalente all’antichità. Che ci sia della verità negli antichi racconti cinesi dove l’esagerare gli effetti di alcuni distillati pareva più un esercizio narrativo per intrattenere il lettore?
  • La campana d’ottone di Erik, di Kishimoto Sachiko
    Una donna, impiegata in una ditta produttrice di alcolici occidentali durante gli anni Ottanta, ricorda le continue bevute e i locali che parevano moltiplicarsi e al tempo stesso sparire alla velocità della luce in quel periodo dove l’economia del paese era in continua ed inarrestabile espansione. E racconta di una curiosa abitudine presso un locale di Yokohama, gestito da un nord europeo.
  • Il ritratto di Kannon che guarda in su, di Kitamura Kaoru
    L’autore racconta di una donna, redattrice presso una casa editrice, famosa per essere una bevitrice. Con affetto comico la mostra in varie situazioni, come quando si trova a dover rinunciare all’alcol durante la gravidanza, battibeccando con il marito che non rinuncia lui stesso all’alcol per solidarietà e che poi diventa anche uno sportivo cominciandole a fare la predica circa l’essere in forma, poi la mostra in varie situazioni sociali legate al lavoro, dove spesso ricorre il suo avere fama di bevitrice. Molto divertente con scenette anche famigliari che vertono sul comico.

Tutti i racconti nel complesso sono godibili, come dicevo sono molto diversi tra loro per stile, atmosfere e per semplice lunghezza del racconto – ce ne sono alcuni di pochissime pagine. Personalmente il mio preferito è il primo, di Kakuta Mitsuyo.

Beviamo un altro bicchiere? di autori vari, traduzione di Daniela Guarino, Rizzoli