Gru di origami

“Gru di origami” è il primo romanzo di Eleonora Blundo, la penna dietro al blog “Fudemame in Tokyo”, che seguo con molto piacere da qualche anno. Nel suo blog Eleonora, italiana che vive e lavora in Giappone da circa sette anni e insegnante di lingua e cultura italiana, racconta la sua vita quotidiana e le impressioni sul paese del Sol Levante, offrendo una finestra interessante e sincera su quelli che sono i molteplici aspetti di una cultura e di una società complesse, condividendo con i lettori i momenti di gioia e anche quelli più difficili, il tutto con grande garbo, competenza e semplicità.

Dopo il libro autobiografico “Vivere Tokyo: cinque anni d’amore” dove l’autrice racconta della propria personale esperienza nella capitale nipponica e dello svilupparsi e concretizzarsi del suo amore per questo paese sino a sceglierlo come luogo in cui vivere, ci troviamo qui a leggere un’opera di fantasia, un romanzo dove ad essere narrate sono le vite di personaggi le cui vicende, pensieri e scelte rappresentano un vasto campionario delle sfaccettature dell’animo umano.

C’è la presenza del Giappone, che tuttavia non è il solo luogo a fare da sfondo alla storia: troviamo anche l’Italia, con la città di Torino, il luogo dell’adolescenza della protagonista, Anna, e attraversiamo varie fasi temporali che si alternano: il 2019, anno in cui per Anna giunge una svolta dopo un’esperienza personale dolorosa, e che la slancia verso un nuovo periodo della propria vita, verso quel Giappone che è mondo altro e respiro più ampio rispetto ad una realtà quotidiana che comprende non appartenerle più per essere davvero sé stessa,  e il 2026, che degli anni precedenti pare raccogliere frutti, riproporre questioni in sospeso, ed imprimere un nuovo inizio ancora, da abbracciare con coraggio e volontà di proseguire.

La storia principale è quella di Anna, che viene raccontata da molteplici voci, appartenenti alle persone che incrociano la sua strada e si relazionano con lei. E, mentre la storia di Anna prosegue, conosciamo anche le storie di queste persone, come se venisse aperta una porta sulle esistenze di ognuna di loro. Tante vite, tanti modi di reagire ad avversità, tanti pregi e difetti. In queste storie, che risultano tutt’altro che secondarie, e nella storia principale di Anna, vengono trattati temi decisamente importanti e pesanti, quasi il bullismo nelle scuole, la malattia mentale, il tradimento, i rapporti sentimentali tossici, le vessazioni sul posto di lavoro. Tutte tematiche che non vengono semplicemente utilizzate come espediente narrativo per offrire una qualche caratteristica particolare al personaggio di turno, ma vengono inserite in contesti, analizzate attraverso il reagire o subire dei personaggi stessi. Non c’è giudizio, nemmeno da parte del narratore onnisciente che di tanto in tanto prende voce, semmai un tentare di comprendere, senza assoluzione né condanna.

I personaggi, proprio come nella realtà, non sono esenti da difetti, da contraddizioni, dallo scegliere strade sbagliate o dal dimostrarsi egoisti o superficiali. Così come gli stessi personaggi non esitano ad imparare e riconoscere le proprie mancanze, a distanza di tempo e con il distacco da certe situazioni o persone. Non c’è alcuna perfezione, solo il dimostrarsi esseri umani. Spesso verrebbe voglia di dare una scossa ad alcuni, ma il loro vivere è fatto di quanto caratterizza la vita di ognuno: desiderare, sbagliare, tentare di nuovo, sperare, lasciar perdere, cadere, rialzarsi.

La scrittura dell’autrice è scorrevole, raffinata senza essere pedante, e accompagna il lettore una pagina dopo l’altra, rendendo difficile posare il libro. Descrive quasi pittoricamente gestualità, abitudini, ambienti, portandoti al loro interno con naturalezza, senza dare per scontato nulla soprattutto per quanto riguarda il contesto nipponico, aiutando così anche il lettore che non dovesse avere grande famigliarità con il Giappone a visualizzare dove i personaggi si muovono.

Il romanzo ha un messaggio di fondo che invita all’avanzare verso il futuro, a considerare ogni intoppo o svolta imprevista della vita come parte di quel complesso arazzo che ognuno di noi va intessendo, talvolta senza comprendere quale paesaggio si stia formando per noi. Proprio come dice Anna, ad un certo punto, con la similitudine tra persone e gru di origami, che dà  il titolo al romanzo e ne condensa il tema principale:

“Margot sensei, non ti danno l’impressione di essere come gru di origami gli esseri umani?” mi chiede all’improvviso.

Lì per lì, rimango interdetta. Non capisco cosa intenda dire, ma poi mi fermo a pensare.

Prima che possa formulare la mia risposta, lei continua:

“Ogni piega dell’origami è come un passo in avanti che la gente compie nella propria esistenza; un altro tassello, il pezzo di un puzzle. È necessario fare più pieghe sul foglio, prima che la gru possa raggiungere la sua forma finale; più pezzi, prima che l’immagine sul puzzle possa palesarsi. Ecco, io credo che lo stesso valga per le persone. Più aumentano gli obiettivi, le ferite e le esperienze, più ognuno di noi si avvicina all’ideale di individuo che vuole diventare. Ma basta una piega in meno o una sbagliata, perché l’origami non venga fuori secondo quell’ideale e non si regga neanche in piedi”.

Eleonora Blundo, Gru di origami, pp. 113 – 114

Il romanzo di Eleonora, “Gru di origami”, è disponibile su Amazon (ecco il link). Lo consiglio ad amanti del Giappone e non, insieme all’opera precedente dell’autrice, “Vivere Tokyo: cinque anni d’amore”.