“Ogni giorno è un buon giorno – Quindici gioie che il tè mi ha insegnato” è un romanzo del 2002 di Morishita Noriko, edito nel 2020 in Italia da Einaudi, con la traduzione di Laura Testaverde (qui il link).
Questo romanzo ha per me una storia particolare, legata al ricordo del mio più recente viaggio in Giappone, nel giugno del 2019. In aereo, mancava poco all’arrivo presso l’aeroporto di Narita. Seduta sui sedili davanti a me, una ragazza giapponese stava guardando un film. Uno dei motivi per cui non riesco quasi mai a trascorrere parte del volo guardando dei film è perché mi distraggo a guardare gli schermi delle persone intorno a me. Non riesco a farci niente, mi cade lo sguardo e finisco per starmene ad osservare frammenti di altri film. Preferisco quindi mettermi a fare le parole crociate o leggere. Mentre compaiono dal finestrino i contorni del Giappone, la ragazza davanti a me prosegue nella visione del film. Ogni volta penso che per i giapponesi sull’aereo quel viaggio che per me è il primo giorno di vacanza e l’inizio dell’emozione è invece un ritorno a casa, forse un po’ malinconico perché si tratta del concludersi di un periodo di svago.
Finisco per cogliere le immagini del film che sta guardando. Ambientato in Giappone – stava già anticipando in aereo il suo ritorno, quella ragazza? – mostra due giovani, due liceali, recarsi presso l’abitazione di un’anziana signora molto elegante, che indossa gli abiti tradizionali con una grazia sorprendente, e cominciare ad apprendere i principi della cerimonia del tè. Vedo una scena in cui la schiuma del tè, di un bel colore verde, all’interno della tazza forma una sorta di falce di luna, e viene confrontata con la luna stessa. Una scena che trovo molto poetica.
Qualche tempo dopo, leggo la sinossi di un romanzo di imminente uscita, e mi rendo conto d’istinto che si tratta del romanzo da cui doveva essere tratto quel film che la ragazza stava guardando in quel giorno di giugno in aereo, cosa confermata dalla quarta di copertina del romanzo in edizione italiana. Ecco, penso, questo libro devo proprio leggerlo, perché mi si è presentato già da prima che sapessi della sua esistenza. Non ho ancora avuto occasione di vedere il relativo film del 2018, intravisto a spezzoni durante l’atterraggio a Narita.
Trovo un po’ difficile dargli un genere. Potrebbe essere visto semplicemente come il racconto di una passione, quella per il mondo del tè, che nasce per caso e si consolida negli anni. Potrebbe essere inteso come un manuale per iniziare a comprendere i significati che si celano in una tradizione. E potrebbe essere anche un compagno per trovare coraggio attraverso le parole e i gesti, un invito a godere della bellezza di quanto nell’imperturbabilità di gesti, suoni, armonie, diviene un caposaldo per affrontare una vita che spesso presenta prove difficili, mutamenti continui o mutamenti che non arrivano, piccole gioie e tanti problemi. L’autrice racconta sé stessa, la sua esperienza con il tè e il mondo che rappresenta. Da un iniziale accostarsi senza particolare interesse, pian piano il tè diventa parte integrante della sua vita, con alti e bassi, perché come per tutti ci sono momenti in cui non si riesce a far altro che lasciarsi travolgere da quel quotidiano che il mondo del tè riesce invece a sospendere, permettendo di rallentare e calarsi in sé stessi, comprendersi insieme con l’ambiente. Così da poter respirare davvero e tornare poi in quel mondo che talvolta scorre troppo, talvolta sembra impantanarsi, con un sostegno interiore in più.
Un libro strutturato come un prontuario di consigli, che non offrono certo magicamente la soluzione per divenire d’un colpo pieni di serenità ed in armonia con un indefinito tutto, ma mostrano esperienze, scorci di vita e di gesti che vengono scoperti insieme all’autrice, perché parti di lezioni e di un lento processo di comprensione. Ci vuole pazienza e disposizione all’ascolto, una pazienza che prescinda dal voler capire tutto e subito, che deve talvolta abbandonarsi alla fiducia nel maestro, perché molto si scoprirà davvero solo poi, quando il momento giusto arriverà. Serve imparare, e serve dimenticare quanto si ha appena imparato con fatica, per imparare di nuovo. Serve domandarsi il senso di quanto si sta facendo, continuando a farlo. Tutto tornerà nella memoria dei gesti, nella capacità di estrarre quanto si era riposto con cura nell’animo per poterlo abbinare con perfezione a quanto la consapevolezza di un’armonica bellezza potrà commentare nel modo che apparirà come quello perfetto, pregno di un significato che prima non si coglieva, e che poi si rivela.
Tematiche che già si conoscono, potrebbe pensare qualcuno, magari pensando che libri come questi non siano che l’ennesimo tentativo di prontuario per una filosofia semplificata, basata su ovvietà che si dicono per invitare le persone immerse nel circolo vizioso di una vita che non sempre le soddisfa a trovare consolazione. No, non è un manuale su come vivere bene, è l’invito ad un percorso da scoprire insieme all’autrice, come se si trattasse davvero di piccole lezioni su un tema complesso quale il tè, la cerimonia del tè, la tradizione e la visione della vita che ad una tale via si accompagna. Molto interessante inoltre anche per scoprire gesti, oggetti, concetti legati alla cerimonia del tè, attraverso un racconto scorrevole che presenta anche tutti i dubbi che una persona che vi si accosta potrebbe avere agli inizi.
Concludo con alcune citazioni dal libro che mi sono rimaste particolarmente impresse al tempo della sua lettura.
Il tè, però, sfronda il superfluo, facendoti percepire con chiarezza la maturazione di cui da solo non ti renderesti conto. All’inizio non capisci minimamente cosa stai facendo. Poi, da un certo giorno, all’improvviso la tua visuale si amplia, venendo a coincidere con la vita.
p. XI
– Ah! Non pensare, non pensare, – diceva la maestra scuotendo il capo. – Inizi subito a ragionare. Non devi usare la testa: le mani lo sanno, prova a chiedere a loro.
p. 39
Gli odori di vento, acqua o pioggia che avevo sentito in un tempo lontano, mi si ripresentavano all’improvviso, insieme ai sentimenti che avevo provato in quei momenti, per poi svanire come fumo.
Avevo la sensazione che rivivessero nella me attuale tutte le varie me stesse del passato.
p. 109
La gente dà valore solo all’ottimismo e all’allegria. Ma l’allegria non esisterebbe se non esistesse il suo opposto. Proprio dall’esistenza di entrambe queste dimensioni nasce la profondità. Non sono una bella e una brutta: sono ognuna bella a modo suo. L’essere umano ha bisogno di entrambe.
p. 171
Rimpiangiamo in continuazione il passato e ci preoccupiamo del futuro che ancora deve arrivare. Eppure, ci si può preoccupare quanto si vuole, ma comunque non si potrà mai tornare ai giorni passati, né anticipare il futuro per farci trovare pronti.
Fintanto che si pensa al passato e al futuro, non si potrà mai vivere tranquilli. C’è solo un modo: godere del presente. Solo quando riesce a concentrarsi su questo istante, senza passato e senza futuro, l’essere umano si accorge di vivere una libertà senza limiti.
pp. 185 – 186
Citazioni tratte da “Ogni giorno é un buon giorno – Quindici gioie che il tè mi ha insegnato” Einaudi, 2020.